ballata del cavallo di Przewalski

parte di questo articolo era stato pubblicato a pagina 10 del n° 262 Settembre 2008 di Cavallo Magazine

Takh: lo Spirito o l’Inafferrabile, piccola parola rapida come il timido cavallo di Przewalski che si dilegua all’orizzonte appena sospetta paura e arida come il Gobi da dove stava per sparire per sempre intorno alla metà del Novecento. Così viene chiamato dai pastori nomadi delle steppe mongole  il cavallo che l’ufficiale polacco Nikolai Michailowitsch Przewalski ha “riscoperto” durante le sue avventurose esplorazioni nei più remoti territori dell’Oriente russo.

cavallo di Przewalski, maschio adulto in semilibertà nell'area di Takhiintal incuriosito mi tiene a distanza dal branco
cavallo di Przewalski, maschio adulto in semilibertà nell’area di Takhiintal incuriosito mi tiene a distanza dal branco

Takhintal, 18 aprile 2007:  si sta bene oggi, ci sono quasi cinque gradi.
Il terreno bruciato dal gelo aspetta il ritorno della torrida estate. L’antica prateria curva all’orizzonte interrotta da montagne che hanno visto nascere il mondo come scogli in mezzo al mare.
Il formicolio della Cina sovrappopolata sembra impossibile da qui. Qui non c’è nessuno e siamo a meno di quaranta chilometri a nord del confine: la Mongolia Esterna finisce laggiù, dietro a quelle montagne azzurre.

La via più breve per attraversare un quadrato tocca almeno tre dei suoi angoli T.H.Lawrence.
La via più breve per attraversare un quadrato tocca almeno tre dei suoi angoli
T.H.Lawrence.

A sette chilometri in direzione est ci sono sei gher( tende di feltro) che ospitano uno dei gruppi nomadi che ogni anno attraversano il Gobi tra l’estate e l’inverno percorrendo con le loro greggi oltre 500 km.
Dietro le spalle altre gher buttate lì per chi si occupa della riserva, la stazione di ricerca (unica costruzione in muratura), una roulotte con la radio e i computer connessi a internet.
Verso ovest un recinto di 260 ettari ospita undici cavalli di Przewalski in studio e oltre c’è il deserto dove corrono in libertà una decina di branchi liberi di takh di dimensioni variabili oltre a gazzelle asini selvatici (khulan) cammelli lupi, il raro leopardo delle nevi e l’orso del Gobi.
Pare che l’ultimo takh libero e selvaggio sia stato avvistato proprio da queste parti quasi quarant’anni fa.

Vista sull'Altayn Nuruu dopo Bugat. In questo paese non ci sono strade asfaltate e dove si è cercato di costruirne i costi di manutenzione sono così elevati che i progetti sono stati interrotti perchè il gelo e il calore sbrindelllano l'asfalto in una sola stagione. I mongoli però si spostano molto con qualsiasi mezzo e non c'è montagna che li potrebbe trattenere. In mezzo alle pietre, nei canaloni circondati da rocce a strapiombo, e sui laghi ghiacciati sfidano lo spazio e il clima per raggiungere un mercato una famiglia un pezzo di ricambio per l'auto. A noi sembra avventura, per loro è il quotidiano.
Vista sull’Altayn Nuruu dopo Bugat. In questo paese non ci sono strade asfaltate e dove si è cercato di costruirne i costi di manutenzione sono così elevati che i progetti sono stati interrotti perchè il gelo e il calore sbrindelllano l’asfalto in una sola stagione. I mongoli però si spostano molto con qualsiasi mezzo e non c’è montagna che li potrebbe trattenere. In mezzo alle pietre, nei canaloni circondati da rocce a strapiombo, e sui laghi ghiacciati sfidano lo spazio e il clima per raggiungere un mercato una famiglia un pezzo di ricambio per l’auto. A noi sembra avventura, per loro è il quotidiano.

Siamo partiti ieri mattina da Gov-Altai con l’autista di una Uaz che accompagnava due signore in Cina a fare acquisti da rivendere al mercato.
La strada: intorno ad Altai si stende a perdita d’occhio un altopiano pianeggiante chiuso all’orizzonte da catene di montagne innevate e disseminato qui e là da sparuti ciuffi d’erba rinsecchita. Sembra che la vita sia scappata nel disco piatto che circonda la pista e ogni punto di riferimento è così lontano che sembra di essere fermi nonostante la velocità sostenuta. Spazio e tempo apparentemente immobili sono scalfiti apparentemente a caso da branchi di cammelli insonnoliti, gruppi sparpagliati di capre, avvoltoi e accampamenti di gher. La pista assomiglia ad un sentiero quando si attraversa la catena dell’Altayn Nuruu ma, prima di cominciare a scendere sul villaggio di Bugat, abbiamo incrociato un camion con rimorchio che ci è venuto incontro ad una velocità improbabile come se fosse in autostrada in mezzo alle capre che scappavano da tutte le parti. Tutto normale.
Dopo Bugat: guado di torrente al disgelo con crepacci nel ghiaccio, un canalone in mezzo alle pietre e il colle in cima alla pietraia. Da qui siamo scesi nella notte a Takhiintal nel cuore del Gobi.
La notte in Mongolia è incredibile. Ci sono solo stelle che forano il buio da tutte le parti. E ieri era così: da un orizzonte all’altro, come al centro di una sfera.

GanbaatarGanbaatar( Eroe d’Acciaio), detto Ganbaah è originario di Khovsgol, nel nord della Mongolia. Si è laureato in biologia a Ulaan Baatar e da una decina di anni segue il progetto di reintroduzione del cavallo di Przewalski a Takhintal per la sua tesi di dottorato. Vive in una delle sei gher di servizio del centro di ricerche del parco con la moglie che invece è nata poco lontano da qui e non è mai andata via. Oggi, appena finito di riparare la jeep che ne ha sempre una ma va ancora avanti, ci hanno permesso di accompagnarli in un giro di controllo dei branchi liberi del parco. Lui li conosce quasi per nome e sa dove trovarli e così abbiamo visto quasi un centinaio di individui più o meno distanti.
Non so perché, quaggiù l’emozione è speciale: come quando si scopre un segreto. Come se il takh dorato fosse davvero un tesoro da cercare e questi grandi spazi la dimensione dell’avventura.
Ultimo Posto, quasi in mezzo all’Asia.
Quasi il più lontano dal mare.
Quasi irraggiungibile anche con i mezzi moderni.
Se non ci fossero i takh forse non sarebbe neanche segnato sulle cartine 1:500 000 della Mongolia (le più dettagliate che sia dato trovare).
E si sente nell’aria che questo è il loro regno: loro erano qui molto prima di avere un nome.

La Mongolia

Status and Action Plan for the Przewalski’s Horse (Equus ferus przewalskii) Simon Wakefield, John Knowles, Waltraut Zimmermann and Machteld van Dierendonck
Status and Action Plan for the Przewalski’s Horse
(Equus ferus przewalskii)
Simon Wakefield, John Knowles, Waltraut Zimmermann and
Machteld van Dierendonck
Densamente spopolata è la felicità. CSI
Densamente spopolata è la felicità.
CSI

Capitale : Ulaan Baatar (=Eroe Rosso, ex Urga= Grande Accampamento)
Superficie : 1 566 500 km2
Popolazione : 2 500 000 abitanti
Densità : 1,6 abitanti/km2
Altitudine media : 1 580 metri (min: 560 m – max: 4 374 m)
Indice pluviometrico: 250 mm/an
Lingua: Mongolo – alfabeto cirillico (l’alfabeto mongolo è stato bandito durante il dominio sovietico)
Religione : Buddista con minoranze animiste (al nord), mussulmane (all’ovest) e di altre religioni non tradizionali
Moneta : Tougrik (1 euro = 1500 tougrik primavera 2006)

La Mongolia è un paese tradizionalmente rurale: l’attività principale, per non dire unica, è l’allevamento. Vivono con i cavalli e allevano ovini (la cui carne costituisce l’alimento principale della dieta), bovini (vacche e yak), caprini (per il cachemire), cammelli e renne.
I mongoli sono cavalieri. Appena possibile i bambini vengono messi in sella e non vedono l’ora. Il cavallo continua ad avere un ruolo diverso da quello di ogni altro animale anche oggi che non è più necessario nella vita di tutti i giorni.
È un popolo fiero e coraggioso e nel XIII secolo, guidato da Gengis Khan, ha conquistato l’impero più vasto della storia: dal Pacifico all’Europa Centrale. Dopo aver dimostrato al mondo di cosa erano capaci hanno vissuto qualche secolo di gloria per essere poi ricacciati indietro nelle vaste steppe. Ma un vero signore non ha bisogno di un impero per essere sereno e dignitoso e tuttora un pastore mongolo a cavallo sembra un re anche se vive in una tenda.

Fuori dalle città vivono tuttora come nomadi ed abitano in tende di feltro chiamate gher che sono la tipica abitazione dei pastori nomadi in Mongolia, nel nord della Cina e nell’est del Kazakistan dove sono chiamate yurte. Oggi però gli spostamenti avvengono normalmente in camion e questo bizzarro miscuglio di passato e presente fa sì che anche nell’accampamento più isolato arrivino elettricità e televisione grazie ai pannelli solari e alle antenne paraboliche che sono quasi immancabili e che si comprano al mercato.

gherFino a inizio Novecento le città erano solo accampamenti più grandi e gravitavano intorno ai templi dove erano conservate la cultura e la scrittura da parte di una ristretta elite di monaci che, in cambio del sostentamento, si occupavano di  preoccupazioni e anime del popolo oltre ai rapporti con gli altri paesi e alle decisioni politiche.

Al di fuori delle città i villaggi sono costituiti soprattutto da Gher e casette di legno e ognuna è circondata da un piccolo recinto. Da lontano sembrano accampamenti dell'immaginario Far West.
Al di fuori delle città i villaggi sono costituiti soprattutto da Gher e casette di legno e ognuna è circondata da un piccolo recinto. Da lontano sembrano accampamenti dell’immaginario Far West.

Ogni settimana chi aveva da vendere e comprare si trovava nei mercati –unico punto di scambio di merci storie ed idee oltre ai monasteri buddisti- per poi ripartire per i pascoli e in parte è ancora così. Con il dominio sovietico in questi luoghi sono nate delle città fatte di casermoni prefabbricati e i mongoli hanno imparato ad avere dei vicini di casa.
L’indipendenza ha accelerato ancor di più lo sviluppo con l’improvviso aumento di infrastrutture pesanti (miniere, strade, dighe) soprattutto a seguito di investimenti stranieri che trasformano rapidamente gli uomini di questa fiera società nomade nell’ennesima scimmiottatura del sistema Occidentale oltre a minacciare alcuni ecosistemi.
Arrivando da nord si attraversa la taiga siberiana con boschi di larice pieni di luce e misteri, la steppa tipica dell’Asia Centrale, le catene montuose di Altai con paesaggi tipicamente alpini e il deserto del Gobi dove l’accentuata escursione termica (da –40 a +40°C) è causa di un ecosistema unico al mondo dove trovano asilo una flora e una fauna molto particolari.

Equus ferus przewalski Poliakov

E’ un animale della steppa( Hunstain park) o di ambienti semidesertici( Takhintal), passa la giornata nelle zone aride mimetico nella sabbia e tra gli stentati arbusti che se la cavano con la scarsità di acqua del Gobi. Al tramonto si dirige verso i punti d’acqua e i pascoli dove si nutre di piante dei terreni semiaridi ed alcalini come i cespugli di sassifraga, assenzio e tamerice e le radici di rabarbaro selvatico.

takh branco

Il suo carattere è selvatico e timoroso. Di solito cammina in colonna con il branco secondo la rigida gerarchia che si instaura per la protezione dei più deboli e allo stesso modo si mette in fuga appena succede qualcosa  fuori dell’ordinario.
Nel suo aspetto c’è qualcosa che ricorda la zebra e altro che ricorda l’asino ma ha delle piccole orecchie, nitrisce e sbuffa come un cavallo e non è nessuno dei tre.

descrizione takh

Misura 1,20-1,35 m al garrese. Il colore è isabella o falbo, il muso presenta un’infarinatura, testa massiccia con occhi e orecchie piccoli, denti grandi, collo breve, spalle dritte, tronco largo, riga mulina. I posteriori poco robusti non presentano muscolatura evidente, gli arti hanno ossa sottili e i nodelli presentano sovente una zebratura, la criniera a spazzola senza ciuffo, si presenta scura, corta e ispida, ma può anche ricadere sul collo in inverno quando il pelo è più lungo. La coda è ispida e portata bassa, quasi “tra le gambe”.
In zoologia è considerato una sottospecie del comune cavallo domestico nonostante il diverso numero di cromosomi poiché dall’accoppiamento tra i due si ottiene prole fertile. Secondo i genetisti i due cromosomi persi con la domesticazione si sono semplicemente sovrapposti a quelli rimasti senza sconvolgere eccessivamente il patrimonio genetico che rimane così piuttosto vicino a quello degli eredi.
parchi e guardiaparchiI 3 parchi destinati a proteggere questa specie hanno preso direzioni diverse per quanto riguarda il rischio di ibridazione: a Khar Us Nuur sono state imposte delle regole per la circolazione dei branchi di cavalli domestici in modo da evitare il contatto, a Hunstain Nuruu i gruppi di animali selvatici e domestici circolano liberamente e normalmente ciascuno ha la sua zona ma si possono vedere pony mongoli con caratteristiche spiccatamente selvatiche. Takhintal è proprio in mezzo al deserto e ci sono pochi cavalli domestici in quanto in quell’ambiente i nomadi utilizzano preferibilmente il cammello.

La scoperta

Zuun Gariin Gobi, 1878: l’ufficiale polacco Nikolai Michailowitsch Przewalski sulla via del ritorno dal suo secondo viaggio in Asia Centrale per conto dello zar Alessandro II, arriva nei pressi di un accampamento di gher.

Przewalski

In un paese dove i vicini più prossimi sono a giorni di cammino l’arrivo di un viaggiatore è un avvenimento da festeggiare. Un kirghiso mandato in cerca di selvaggina per offrire carne fresca agli stranieri porta un tenero puledro di takh. I cavalli dissetati alla sorgente di acqua dolce vengono legati al filare uno vicino all’altro. Gli uomini vengono invitati nella tenda dove la padrona di casa offre loro tè al latte salato mentre prepara la carne sulla stufa accesa con mattonelle di lettiera pressata di pecora e capra.

Quando siamo andati via Ganbaatar ci ha invitati nella sua tenda e sua moglie ha preparato da mangiare per noi. Veniva da immaginare l'ospitalità ricevuta da Przewalski oltre cent'anni fa dai nomadi di quella stessa regione quando, passando ha scoperto il takh.
Quando siamo andati via Ganbaatar ci ha invitati nella sua tenda e sua moglie ha preparato da mangiare per noi. Veniva da immaginare l’ospitalità ricevuta da Przewalski oltre cent’anni fa dai nomadi di quella stessa regione quando, passando ha scoperto il takh.

Przewalski è incuriosito da questo animale che gli sembra diverso da ogni specie equina conosciuta. Il loro ospite è il capo delle guardie dello Zaisan, A.K. Tikhonov e nel pomeriggio accompagna gli esploratori a cercare il branco di cavalli selvaggi nei pressi di un luogo chiamato Khan Ovoo che ora si trova oltre la frontiera mongola. Non  li rintracciano più e così portano con sé in dono il cranio e la pelle conciata del puledro che hanno mangiato a mezzogiorno.
La scoperta apre dibattiti nel mondo della scienza ma anche nei salotti dei paesi civilizzati dove le specie di cavalli selvaggi precedenti la domesticazione si sono estinti lasciando poche tracce di sé.

lascauxSulle pareti delle grotte di Lascaux, in Guascogna, tra i 14 e i 17 000 anni fa sono stati dipinti dei cavalli che assomigliano molto al takh ma si tratta probabilmente della specie occidentale di cavallo primitivo.
Le testimonianze scritte riguardanti questa specie sono rare nella storia. La più antica risale al X secolo ed è dovuta ad un monaco tibetano chiamato Bodoma vissuto intorno al 900 d.C.
Tra 1600 e 1700 alcuni esemplari di takh furono portati in dono all’imperatore della Manciuria e il medico scozzese John Bell, in servizio presso lo zar Pietro il Grande ne riportò la notizia in Europa dopo un suo viaggio da Mosca a Pekino nel 1722, Linneo ignorò la sua scoperta nella classificazione degli esseri viventi. Solo nel 1882, dopo il viaggio di Przewalski, Poliakov classifica il takh a Mosca come Equus ferus przewalski.

Verso gli zoo occidentali

Nel XIV sekolo, un’editto dell’Altan khan bandisce la caccia del takh oltre ad altre specie tipiche della steppa. Grazie a questa legge i mongoli hanno mantenuto intatto il  patrimonio faunistico delle loro terre fino ai giorni nostri e ne vanno fieri (Nel XX secolo quest’attenzione è venuta meno e la caccia indiscriminata di specie rare soprattutto da parte di turisti occidentali ha portato a rischio di estinzione animali unici tipici di questo ambiente).

puledri przewalski zoo

Dopo la scoperta di Przewalski numerose spedizioni scientifiche si avventurano nel Gobi per trovare esemplari da riportare in Europa e approfondire gli studi. Nonostante l’aiuto delle popolazioni locali che conoscevano punti d’acqua, pascoli e abitudini dei branchi di cavalli selvaggi la ricerca non è facile. Lo stesso Przewalski torna tre volte nel Gobi senza soddisfare la sua curiosità. Riesce a vedere solo da lontano due branchi nel Zuun Gariin Gobi senza riuscire ad avvicinarsi.

 

L’estinzione

Jarghalant, 1950: La sistematica cattura dei puledri per sei o sette primavere successive con la preferenza per i soggetti più forti ha probabilmente indebolito l’equilibrio di questa specie. I mongoli catturano due dei branchi superstiti nel Gobi e li portano in un allevamento di cavalli vicino a Ulaan Baatar per salvare questo raro animale. Il tentativo fallisce e intorno al 1950 Orlitza, l’ultima femmina sopravvissuta di questo gruppo, viene inviata ad Askaniya Nova da dove viene spedita nello zoo di Monaco e qui nasce un puledro.
1955-1968: ultimi avvistamenti di takh liberi normalmente in gruppi di due o tre individui nelle regioni di Shar Nuruu e Takhiintal dove un amante di cavalli occidentale e la sua guida vedono l’ultimo stallone, solo ma libero. Mentre gli ultimi takh selvaggi spariscono in Mongolia, negli zoo del resto del mondo il tasso di riproduzione diminuisce di anno in anno. Il cavallo di Przewalski può vivere in cattività, ma alla lunga soffre al punto da non essere più in grado di riprodursi.
1977: Jan Boman, un imprenditore olandese che abbandona il suo lavoro per dedicare oltre vent’anni della sua vita allo studio dei takh, lancia l’allarme e nel mondo scientifico comincia a diffondersi la preoccupazione per l’estinzione dei cavalli di Przewalski.
Nel 1980 comincia a stabilire i contatti per il progetto di reintroduzione dei takh in Mongolia.
anni ’80, in tutta Europa, ma in particolare ad Askaniya Nova, vengono create delle ampie riserve seminaturali dai 30 ai 250 ettari dove pascolano liberamente controllati dei branchi formati da un maschio e quattro o cinque femmine per aumentare la possibilità di incroci e massimizzare la variabilità. Obiettivi: salute, bassa parentela, buono sviluppo per ottenere una popolazione di oltre trecento individui in grado di sostenersi autonomamente.

Il ritorno

1992: nel mondo ci sono circa 1200 takh di cui 375 nelle riserve, tutti eredi di quei tredici capostipiti tedeschi. Comincia il rimpatrio nelle terre di origine di gruppi di una decina di esemplari ogni due anni e nasce il primo parco per la protezione del cavallo di Przewalski a Hustain Nuruu, 40 km a sud di Ulaan Baatar, a cura degli olandesi seguiti da tedeschi e svizzeri in altre aree.

casse takh

le gabbie nel recinto

Ora circa trecento takh corrono di nuovo liberi nelle steppe mongole.
I progetti europei di reintroduzione danno soddisfazione ed il numero i takh nati liberi che passano il primo inverno è in aumento.

Qualche pensiero

I cavalli domestici sono stati selezionati anche in base al carattere. Un takh messo alle strette si difende a tutti i costi e tira micidiali calci vaccini dopo aver avvertito abbassando le orecchie solo all’ultimo istante.
Nel mondo esistono numerose popolazioni di cavalli selvaggi costituite da individui di origine domestica. Il takh invece è sempre vissuto in libertà.
I mongoli sono cavalieri nel sangue e pastori di animali molto diversi che seguono con le cavalcature più disparate: montano infatti, a seconda della regione anche renne, yak e cammelli.

La guida di Hunstain park interrogata sul motivo per cui un popolo di così grandi cavalieri avesse lasciato da parte un animale apparentemente robusto e resistente come il takh ha risposto che oltre ad avere un brutto carattere questo animale ha una forma che non permette di sistemare bene la sella che al primo rodeo scivola indietro. Per questo forse persino loro lo hanno sempre lasciato libero e se ne sono serviti al massimo per cibarsene.

cavaliere su takh

Nella riserva di acclimatazione di Askaniya Nova è stato fatto il tentativo di montare lo stallone più docile ma dopo un mese di intenso lavoro di avvicinamento la fiducia dell’animale nei confronti dell’uomo non è migliorata e il fantino è rimasto in sella per pochi minuti. Pare inoltre che, dopo il tentativo di doma, il soggetto in questione sia diventato inavvicinabile ed ombroso.

inafferrabile

Persino il lupo può venire addomesticato e rinunciare alla sua libertà imparando ad amare un padrone nel nome di un piatto assicurato ogni giorno. Il takh senza i vasti spazi sembra svanire. Non si vende per quanto la vita nel deserto sia dura. In Mongolia c’è il lupo e l’inverno gelido e la sete d’estate, ma c’è la steppa. Anche la steppa è a rischio e forse l’attenzione al cavallo di Przewalski farà sì che l’una e l’altro si salvino a vicenda.

Ma… Potrebbe essere che, quando gli eminenti studiosi sono andati a cercare i takh, disperati di aver perso un’ altra cavia siano stati coperti di bugie dai mongoli memori delle razzie di inizio 900? Chissà, magari adesso i nuovi branchi che tornano dall’Europa, hanno accolto individui che sono vissuti sempre liberi in Mongolia in attesa di tempi migliori.
Persino Przewalski che li ha rincorsi quando non erano ancora a rischio di estinzione non ne ha mai visto uno da vicino…
O potrebbe essere che ogni razza abbia il suo tempo e che i takh siano l’inizio dei cavalli e non debbano necessariamente essere ancora qui quando i cavalli finiranno?
Nell’infinito il tempo dell’uomo è troppo breve.

siti

Khunstain National Park: http://www.treemail.nl/
http://www.hustai.mn/index.php/en/

Khar Us Nuur: http://www.takh.org/en/

Takhintal: http://itc.org/

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