Aria aperta in un ufficio

in cerca di un veterinario, ho contattato tutti quelli che organizzano horseback trails qui a Ulan Baatar. Ho incontrato molte persone eccezionali. Tutti occidentali trapiantati qui in modo più o meno intenso e legati al mondo dei cavalieri nomadi in modo più o meno effimero. Seguendo questa pista ho avuto l’onore di conoscere Keith Swanson.

-posso farti una foto? -ma non c'è più molto da fotografare qui! -ci terrei -e perchè? -perchè credo che non incontrerò mai nessun altro che ha vissuto 13 anni in Antartide -ok, allora facciamola qui, cosí almeno nella foto ci sono anche i miei cavalli
-posso farti una foto?
-ma non c’è più molto da fotografare qui!
-ci terrei
-e perchè?
-perchè credo che non incontrerò mai nessun altro che ha vissuto 13 anni in Antartide
-ok, allora facciamola qui, cosí almeno nella foto ci sono anche i miei cavalli
  • vivo qui da diciotto anni.
  • e hai sempre fatto questo lavoro?
  • qui sí
  • da che parte vieni dell’America?
  • dalla costa orientale ma la mia famiglia si è trasferita in Idaho e ho sempre vissuto lí
  • andavi a cavallo in America?
  • la prima volta che sono salito a cavallo avevo quattro anni. Mio padre è un uomo di cavalli.
  • che posto era quello in cui vivevi laggiù?
  • era al limite dell’area wilderness del Parco Nazionale del Fiume del non Ritorno. In quell’area non ci sono strade, non ci sono paesi, non ci può vivere nessuno. È un territorio protetto dalla civilizzazione. Ci ho lavorato come ranger finchè non sono partito per il polo Sud
  • e cosa facevi al polo Sud?
  • l’istruttore di tecniche di sopravvivenza e lo station manager in tre diverse stazioni: prima quella americana, poi quella della Nuova Zelanda e negli ultimi anni quella di Greenpeace
  • per quanti anni  hai vissuto in Antartide?
  • 13 anni
  • e  poi sei arrivato qui in Mongolia?
  • no, prima sono stato ingaggiato dal Sultano dell’ Oman per dirigere i ranger di un’area protetta di 35000 ettari per la preservazione dell’orice.

Ero sbalordita. Credo che per raccontare la vita di un uomo cosí non basti una vita. Quell’uomo era lí davanti a me e abbiamo bevuto un tè insieme mentre la sua segretaria sorrideva quando gli chiedevo di tradurmi alcune semplici espressioni in mongolo. È talmente semplice e forte che è stato la prima persona che ha proposto solo soluzioni a tutte le questioni che gli ho sottoposto e non è andata a sollevare questioni scontate. Ogni domanda un punto.

Un enorme passo in avanti è stato il numero di telefono di uno dei suoi due veterinari, l’ho incontrato, qualcosa può fare ma per la burocrazia devo ancora andare avanti. Procedo piano.

Oggi la mia giornata ha sfiorato altre storie che devono ancora svilupparsi.  Prima che me ne andassi, Keithnha detto

-i mongoli amano l’avventura, quella che hai in mente è un’avventura, vedrai che saranno dalla tua parte

Per chi volesse farsi un’idea di quello che fa adesso, questo è il suo sito:

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