Elogio del ‘senza’

michelangelo prigioni

Un blocco di marmo come tutti gli altri blocchi di marmo di un’enorme cava di marmo.
Abbaglia già da lontano quando vedi stagliarsi le Apuane a nord delle marine.
La mulattiera si inerpica fin lassù oltrepassando castagneti che sembrano essere lì da sempre ma sono solo l’assaggio dell’eternità racchiusa nel candore delle cime.
Michelangelo sale sulla via bianca scavata a forza di picco per portare a valle le pietre che decorano gli angoli del prestigio.
Ormai conosce tutti i cavatori, gente indipendente fatta di nervi e temprata dal sole, uomini che in quel bianco riconoscono vene
e punti di frattura invisibili per chiunque altro. Indaga presso di loro per scoprire le forme nascoste nella trappola della materia. Scende a valle con un seguito di materiale.
Il suo compito è liberare da prigioni immemori lo spirito di figure che lui riconosce. Il suo scalpello restituisce spirito e corpo a blocchi di marmo che in altre mani sarebbero diventati gradini o davanzali.
In quei viaggi ha riconosciuto molti volti da riportare in luce, deve scegliere chi liberare dalla pietra. Non basterà una vita e
farli riemergere tutti.
Tensione a far emergere forme che rappresentano la sostanza di una materia inerte. Togliere, togliere e togliere tutto quello che
copre l’essenziale.
Quello che resta è essenziale.

elogio del senza

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