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Davide Berton

Davide Berton. Coordinatore dei responsabili Grandi Carnivori del CAI  e responsabile per Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Nel nostro piccolo facciamo del nostro meglio per fare da anello di congiunzione tra le persone comuni che frequentano la montagna e la ricerca scientifica.

Davide Berton e le praterieIl lupo è prezioso per l’ambiente come gli altri elementi che ne fanno parte, sia l’abete che il capriolo. È più problematico, per arrivare a una convivenza tra uomini che frequentano le montagne e grandi carnivori occorre formazione. I compiti che stiamo adempiendo da volontari riguardano la raccolta di segnalazioni e il creare una cultura positiva tra i soci, rispetto a questi animali. In pianura è sempre più semplice parlarne, vicino alle montagne è sempre più delicato. In genere gli anziani quando si tocca l’argomento tagliano corto e non ne vogliono sapere.
La difficoltà più grossa per le segnalazioni è che devono arrivare in tempo utile ed essere precise per la localizzazione e l’accertamento del personale scientifico. Dopo una settimana che una carcassa è esposta a tutti gli animali che passano, diventa molto difficile accertarsi da chi è stata predata.
In Cansiglio l’ultimo lupo è stato ucciso nel ’29 ed era un elemento in dispersione perché già allora non se ne sentiva parlare da anni. Riabituarsi a gestire una difficoltà è molto più impegnativo che dimenticarsene quando il problema non c’è.
Stiamo allestendo una mostra di una ventina di pannelli sui grandi carnivori delle Alpi per poterla esporre nelle sedi CAI da utilizzare come strumento di informazione oltre ai convegni.
Il progetto Life wolfalps ha un termine di tempo oltre il quale i lupi ci saranno comunque. Stiamo organizzandoci perché tutto questo lavoro non sfumi allo scadere del progetto. Essendo il CAI su base volontaria è più facile ma richiede un grande impegno. Ciascuno di noi ha il suo lavoro e la sua famiglia. Sul territorio nazionale siamo sei responsabili e ci occupiamo ciascuno di una vasta regione. L’intenzione è di tenere insieme una rete omogenea, anche se poi ciascuno esprime la propria individualità.

 

Piergiovanni Partel

Incontro con Piergiovanni  Partel. Responsabile del Settore Ricerca scientifica e conservazione del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino

Non ci si può far condizionare da piccole situazioni quando si parla di convivenza tra selvatico e civile.

Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.
Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.

I lupi che sono passati sicuramente di qui negli anni scorsi sono Slavcz e un altro che era stato segnalato più volte in Val di Fiemme a cavallo del 2006-2007, ma le cui segnalazioni non avevamo trovato riscontro sino al 2009 quando le indagini eseguite su un teschio rinvenuto in loco hanno dato esito positivo. Prima di soccombere alla solitudine aveva anche compiuto predazioni su domestici che erano state imputate a cani vaganti, visto che nessuno immaginava che ci fosse davvero un lupo in Val di Fiemme. Dalle analisi del teschio si è potuti risalire alla sua origine dinarico-balcanica.
Adesso c’è più movimento anche in queste montagne.
Ieri è arrivata una foto scattata tra baita Segantini e il passo Rolle, è da verificare ma è verosimile. Sono arrivate altre segnalazioni dal Grappa e dall’altopiano di Asiago e uno è stato ripreso da una fototrappola nel parco delle Dolomiti Bellunesi sul confine tra Trento e Belluno. Inoltre nel mese di aprile un lupo giovane è stato investito in Valsugana. Potrebbero essere giovani in dispersione dalla Lessinia.
Occorre verificare tutte le segnalazioni perché sono molte di più dei lupi, possono essere cani, cani lupi cecoslovacchi o lupi ripresi in altri posti. Una volta che il dato è certo, è importante comunicarlo. Le persone che possono essere interessate all’argomento come pastori o cacciatori sono molto informate e se dalle stesse è giusto pretendere correttezza allo stesso tempo bisogna essere corretti nei loro confronti.
Ci sono diverse categorie di allevatori, a seconda delle modalità gestionali che adottano rischiano di subire di più o di meno da un eventuale ritorno del lupo in quest’area. Ancora non è arrivato ma per come stanno le cose è certo che torni.
Ci sono pastori professionisti che hanno più mille capi e li sorvegliano giorno e notte, sono quelli che rischiano di meno. Gli allevatori che, quando sono in malga, tengono oltre ai bovini anche pecore, che lasciano sui pascoli alti dove vanno a controllarle giornalmente e gli hobbisti che hanno piccole greggi di alcune decine di capi che lasciano al pascolo in terreni di uso civico, rischiano molto di più.
Il valore di una pecora recuperato con i risarcimenti è spesso ritenuto inferiore al suo valore reale, soprattutto per persone che, avendone poche, danno un significato che va oltre al prezzo della carne ai loro animali.
Quando l’orso danneggia un arnia, il valore che gli viene restituito è più facile da calcolare e spesso lascia gli animi in pace.
In ogni paese dove si ha a che fare con numeri elevati di grandi carnivori le misure che si prendono per regolarne i numeri sono più o meno analoghe. In Italia il pensare di gestire la popolazione di lupi in modo attivo anche attraverso pochi prelievi mirati diventa molto difficile perché non si riescono a conciliare le posizioni dei fronti più estremi: come ad esempio alcune posizioni del mondo venatorio e dell’allevamento che si sentono minacciate dall’arrivo del lupo e da alcuni settori ambientalisti che non sono in grado di rendersi conto che il prelievo mirato di alcuni individui può essere a vantaggio della specie.
Quando, al convegno del progetto Life wolfalps, Luigi Boitani ha espresso la necessità di considerare la possibilità degli abbattimenti, la stampa gli è volata addosso. Nel momento in cui lui, che è una delle persone che negli anni settanta hanno portato la stessa opinione pubblica a rivolgersi a favore del lupo, ha prospettato l’idea dei prelievi, è diventato il nemico del lupo.
Parlare degli abbattimenti del cervo quando rovina il bosco desta meno perplessità che del lupo e degli altri grandi carnivori come orso e lince.
Bisognerebbe che nella gestione dei grandi carnivori fossero coinvolte persone con una visione più ampia possibile delle questioni che riguardano la loro presenza. Al mondo c’è il lupo e anche la pecora, il pastore, il cacciatore, l’ambietalista, come pure il filosofo. Per tenere tutti in piedi bisogna guardare da lontano.