I pensieri dei lupi raccontati dalle loro tracce

2016 06 24 Intervista a Tommaso Borghetti – Assistente forestale della Stazione Forestale di Ala – Corpo Forestale Trentino

Tommaso Borghetti e Luca Signori
Tommaso Borghetti e Luca Signori. Eravamo lì nascosti all’ombra a parlare di tutte queste cose mentre Isotta brucava in mezzo alle mucche. La macchina di Tommaso è riconoscibile a mille miglia e Luca è un attento. L’ha vista e ci ha trovati ed è stata una gran fortuna perchè ho potuto stringere la mano alla persona che era con Fulvio Valbona quando Slavc e Giulietta si sono fatti vedere la prima volta.

Si stava iniziando a parlare di un probabile ritorno del lupo in Lessinia. Se ne parlava a livello del tutto teorico. C’era stato un convegno in cui si erano fatte supposizioni sulle possibili aree di insediamento di nuovi branchi e la Lessinia era risultata una delle più vocate. A quell’epoca non c’erano ancora.
Il mio incarico oltre al monitoraggio di tracce e predazioni era quello del fototrappolaggio che diede esito positivo per la prima volta il quattro dicembre 2012 e furono immortalati Slavc e Giulietta presso Malga Revoltel.
Il successivo lavoro di posizionamento di fototrappole e inseguimento di tracce nella neve è stato fatto in collaborazione con i colleghi veneti. È diventato un motivo di ricerca che andava oltre al lavoro, sia per me che per loro.
Per me l’attività più stimolante era l’inseguimento delle tracce. Il lupo è un animale che cammina a testa alta, non è come la volpe che ha sempre il naso per terra o gli erbivori che vanno avanti brucando. Lui fila dritto come se fosse tirato da un filo e a seconda della pista che sta tracciando dice cose diverse.
Le tracce stupiscono sempre. Una volta stavo inseguendone una che filava a una certa quota dalle parti di Castelberto senza apparente motivo. Andava dritta verso le rocce strapiombanti sulla valle. Tra le rocce c’era un unico passaggio che permetteva di passare oltre in sicurezza. Ecco il motivo!
Anche spostamenti molto lunghi sembrano andare dritti a una certa meta senza incertezze. Mi sono trovato a seguire una traccia su neve che partiva dalla zona più settentrionale dell’altopiano e lo attraversava senza incertezze fino a un recinto che si trova molto a sud. Sono arrivati fino lì, hanno fatto un giro intorno al recinto e sono tornati indietro. Nel giugno precedente in quel recinto avevano mangiato un asino. Si ricordavano del banchetto e sono tornati a vedere se riuscivano a fare il bis.

 Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT - MUSE - Life WolfAlps).  Da lontano le tracce dei lupi sulla neve somigliano a quelle degli escursionisti. Loro camminano a testa alta, guardando dritto davanti a sè, come gli uomini. Forse è per questo che mettono in discussione.
Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT – MUSE – Life WolfAlps).
Da lontano le tracce dei lupi sulla neve somigliano a quelle degli escursionisti. Loro camminano a testa alta, guardando dritto davanti a sè, come gli uomini. Forse è per questo che mettono in discussione.

Standogli dietro si arriva a trovare i posti dove si incontrano più frequentemente, quelli dove amano fermarsi e a un certo punto i rendez vous, quelli dove si sentono più tranquilli, dove i cuccioli imparano a sopravvivere e gli adulti tornano a riposare. Quando li scopri, quelli hanno qualcosa in più. Sono la casa del lupo.
In quei posti cerchiamo di avvicinarci il meno possibile per non disturbare.
Le tracce di più lupi che viaggiano insieme sembrano una unica per lunghi tratti. Si aprono ad asola nei punti dove si sentono tranquilli a viaggiare affiancati e si richiudono sempre ad asola, dove c’è una strettoia o un pericolo. Da lontano somigliano a quelle degli escursionisti.
Le tracce di uomini e lupi si assomigliano ed entrambe raccontano delle storie.
E la dispersione? Quando un cucciolo di un anno e mezzo, maschio o femmina che sia, parte da solo e fa centinaia di chilometri per trovare il posto dove formare il nuovo branco?
Gli orsi sono molto più stanziali, le femmine restano dove nascono, i maschi partono e vanno a cacciare chissà dove ma poi tornano per l’accoppiamento e la zona in cui prolificano rimane sempre la stessa.
Il lupo no, quando è ora lui parte e va da un’altra parte. Non torna. Alcuni non sopravvivono al viaggio, certi vanno a formare un nuovo branco. Altri, non incontrando la femmina o il maschio con cui formarlo ma essendo abbastanza forti da non soccombere, si insediano in un nuovo territorio dove restano a condurre vita solitaria bastando a sé stessi. Il lupo della Val di Non è arrivato lì, il territorio gli si addiceva, non sono arrivate femmine con cui colonizzarlo, ci è rimasto lui e si è occupato di sopravvivere.
I lupi del branco della Lessinia erano tredici prima dell’inverno e adesso sono sei. Gli altri sono partiti. Quello che è stato investito in Valsugana ha concluso il suo viaggio, degli altri non si sa niente di più oltre al fatto che sono stati avvistati molto più a nord.
Seguono nuove piste.

 Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT - MUSE - Life WolfAlps).
Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT – MUSE – Life WolfAlps).

Un abitante speciale di questo territorio

Intervista a Paolo Parricelli. Unico guardaparco della Lessinia

Paolo ParricelliPer mestiere sta sul territorio del parco a seguire cosa accade. Non c’è solo il lupo, ma lui è un animale particolare e certi incontri lasciano il segno.

Per riprenderlo nelle zone di rendez-vous ci appostiamo con i cannocchiali a trecento quattrocento metri di distanza in modo da non disturbare e vedere come si comportano a casa loro. Da tre anni questi luoghi in cui si sentono tranquilli sono gli stessi, credo che sia perché siamo stati discreti, altrimenti sarebbero andati a cercarne degli altri.
Per seguire i lupi occorre frequentare posti che gli interessano e andargli incontro in orari in cui si muovono più volentieri. Bisogna immaginare i loro ragionamenti e diventa un lavoro di fantasia.
Durante un appostamento il 22 agosto nel silenzio li abbiamo sentiti ululare per la prima volta. Non li avevamo ancora visti. Un momento come quello non assomiglia a nessun altro, rimane impresso nella memoria.
A fine luglio dell’anno seguente è uscita la prima cucciolata. Era una cucciolata ma per noi che eravamo stati dietro a quei due lupi che venivano così lontano e che avevano scelto di fermarsi proprio qui era speciale. Quei due cuccioli chiudevano un cerchio. Da quel momento si poteva dire che i lupi sono tornati sulle Alpi. La popolazione slava è quella italica tornavano a mischiarsi. Proprio qui.
Un altro momento che ha lasciato il segno è stato il ritrovamento del collare di Slavc, siamo partiti a cercarlo con i forestali Fulvio Valbusa e Luca Signori. Gli sloveni ci avevano chiesto di spedirglielo per scaricarsi i dati che aveva registrato. Oltre alla traccia, aveva in memoria dati meteo che potevano essere studiate. Siamo partiti inseguendo il segnale. L’ho preso in mano e ho sentito quanto pesava quella batteria. Quando se lo è trovato addosso dev’essere stato una gran noia e togliersi quel peso dev’essere stato un bel sollievo. Era pesante!
Fare i transetti e seguire le tracce lascia sempre qualche sorpresa. A volte segui una traccia che sembra una sola e dopo un po’ comincia a dividersi. Sono due, no tre, no, quattro. Possono essere anche cinque sulla stessa traccia. Un piede dietro l’altro in gran segreto come una fila di indiani e a testa alta.
Queste sono storie. Ogni volta che esci a seguirli è diverso e scopri un pezzetto in più. Loro sono lupi e abitano questo territorio e in qualche modo anche io che cerco di conoscerlo come lo conoscono loro.

Se il lupo è tornato è perché prima c’era

2016 06 28 Daniele Zovi
è stato Comandante procinciale di Vicenza e attualmente regge il Comando regionale per il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Ha scritto diversi libri riguardanti la vita degli animali, uno di questi è ‘Lupi e uomini. Il grande predatore è tornato’.

Uomini e lupi. Il grande predatore è tornato
Uomini e lupi. Il grande predatore è tornato

Prima del lupo in Veneto è tornato l’orso, ma il discorso per molti versi si assomiglia. I grandi carnivori hanno una forza evocativa diversa. In questi anni in cui le foreste sul territorio nazionale sono raddoppiate, altri animali sono tornati ad abitare ambienti da cui erano scomparsi. Quando è tornata la lontra non è cambiato nulla nei discorsi tra gli uomini, quando l’orso Dino si è mangiato quattordici asini nel giro di un anno nel vicentino, la stampa ha cominciato un tam tam allarmistico che rendeva tutto molto più sconvolgente di quello che era in realtà. Ci sono gruppi di persone totalmente a favore e totalmente contro e le chiacchiere degli uni e degli altri alimentate da aneddoti hanno generato e generano molta confusione.
Mi sono deciso a mettere insieme notizie che mettessero in chiaro la natura del l’orso affinché si ridimensionasse questa figura mostruosa che stava venendo fuori.
Non bastava scrivere il libro, bisognava presentarlo e raccontare a voce come stavano le cose e da quel momento mi sono trovato a fare il conferenziere in tutta Italia riguardo a questi argomenti.
Il lupo non c’era ancora ma era nell’aria e non ha tardato ad arrivare. Mi sono sentito di dover scrivere questo libro con ragioni simili a quello sull’orso. È stato un viaggio conoscitivo che mi ha portato in Abruzzo, in Emilia e in Piemonte per aggiungere all’esperienza locale informazioni che potevo mettere insieme solo incontrando persone che di lupi si erano sempre occupate. Messo insieme il materiale volevo scrivere un testo che fosse accessibile a tutti, comprensibile.
Il lupo: chi è? È un carnivoro e in un mondo senza carnivori, gli erbivori prolificano a dismisura. Nel Cansiglio la ricrescita di faggio è completamente inibita dal numero esagerato di cervi, a Paneveggio è l’abete rosso ad accusare il colpo. Il lupo è un fattore regolatore.
Il ritorno prepotente dei cinghiali ha rovinato grosse aree dove i prati vengono sistematicamente rivoltati e le prese d’acqua delle sorgenti di acqua potabile ribaltate, il lupo non preda i cinghiali, ma preda i piccoli.
Quanto è davvero pericoloso per l’uomo? Il vero pericolo arriva dai cani re inselvatichiti che tornano alla vita selvaggia riunendosi in branchi senza la minima paura delle persone che conoscono da migliaia di anni.
L’uomo: chi è? Finchè abitava ogni fazzoletto di terra si è messo d’impegno per eliminare i lupi e ci è riuscito, ma poi se n’è andato in città. Nè prima nè adesso è il centro del mondo. C’è il lupo, c’è l’albero, c’è il cervo, c’è l’aria è c’è anche l’uomo.
È tornato perchè prima c’era. Non c’era più perchè era stato sterminato. I toponimi di paesi di tutta Italia, anche in piena pianura come Lovolo nel mezzo della Pianura Padana, raccontano che i lupi se ne andavano in giro proprio ovunque. È tornato per un meccanismo naturale, se la superficie delle foreste è raddoppiata, il numero di ungulati è anche quintuplicato. Il ritorno dei carnivori è necessario per l’equilibrio.
Come Slavc è arrivato con il suo radiocollare che ci racconta tutta la strada che ha fatto, sono arrivati anche altri lupi di cui si è avuta notizia è altri di cui non si è mai saputo nulla. Giulietta è una di questi. Lei ha avuto fortuna.
All’uomo piace la paura, sentire storie. È la semplice verità?
I lupi hanno sempre predato le pecore, non se n’è mai parlato più di tanto. Tacito e Plinio lo nominano, per loro è una di quelle cose che succedono in natura come il fulmine. I nostri allevatori hanno perso l’abitudine. Gli si propone di utilizzare dissuasori sonori, bandierine che si muovono, recinti, cani da guardiania. Nessun sistema incontra il loro favore.
Sono stato in Emilia per incontrare degli allevatori dell’Appennino in provincia di Forlì. È una zona dove le tecniche di allevamento erano molto simili a quelle adottate in Lessinia, i vitelli nascevano in alpeggio dove passavano un’estate semibrada e quando è tornato il lupo ha fatto grossi danni. Far nascere i vitelli in stalla vuol dire cambiare tecnica. È una cosa in più da pensare, ma lì è stata la soluzione definitiva: i danni da lupo sono stati completamente azzerati.
I risarcimenti finora sono stati totali ma non si può continuare così, bisogna mettere a punto delle misure per mitigare i danni.
Il mondo non è nè del lupo, nè della pecora, nè dell’uomo, bisogna che tutti ci trovino quello di cui hanno bisogno e coesistano con gli altri.

Le mucche da carne della Lessinia

Paolo Truzzolo. Allevatore. Dipendente Azienda agricola Da Matti. Animali da carne di origine francese: chevrolet, limousine e luvra. In alpeggio da maggio a ottobre, conforme il tempo metereologico.
Paolo Truzzolo. Allevatore. Dipendente Azienda agricola Da Matti. Animali da carne di origine francese: chevrolet, limousine e luvra. In alpeggio da maggio a ottobre, conforme il tempo metereologico.

2016 06 23 intervista a Paolo Truzzolo

Sono stati i forestali a portarli. Loro comunque vada ci guadagnano.
Predazioni ce ne sono, ce ne sono state e continuerà così. Anche i risarcimenti ci sono, ma un vitello di due giorni non vale la carne di un vitello di due giorni, vale tutto il tempo della gestazione e la delicatezza del parto. Domenica scorsa è stato sbranato un vitello di venti giorni, sono proprio loro quelli che vengono presi più facilmente. La mucca che deve partorire si isola, cerca un posto tranquillo e vuole stare da sola. Lo allatta e poi si allontana brucando per tornare dal vitello quando è di nuovo ora di allattarlo. Il vitello rimane da solo e non è così forte e combattivo. Giusto un attimo fa sono andato a vedere quelle del lago Boar, una di loro aveva partorito da quattro o cinque ore, non di più e mi sono avvicinato per mettere l’orecchino al nuovo nato. Mentre mi avvicinavo ho visto le orecchie e poi il muso di un lupo dietro un sasso. È scappato sparendo come uno spirito, ma giusto un attimo prima era lì. Qui si è sempre fatto in modo da concentrare le nascite nel periodo estivo quando le mucche sono libere nei pascoli alti dove c’è meno rischio di malattie, l’aria è pulita, tutto è pulito e le mucche sono in un ambiente a loro congeniale.

Le mucche dell'altro piano sono prevalentemente da carne. Sono animali docili e curiosi.
Le mucche dell’altopiano sono prevalentemente da carne. Sono animali docili e curiosi.

Le mucche adulte fanno gruppo, si difendono a vicenda e non è così facile per i lupi infilarsi tra di loro. Appena capiscono che qualcuna di loro è in pericolo si affrettano a fare massa una vicina all’altra in fronte compatto.  Queste mucche sono così, ma l’allenamento principale qui è tradizionalmente di mucche da latte che sono molto più docili e anche meno agili.
I lupi che vivono qui sono sicuramente più di quelli che ci dicono. Loro dicono che l’estate scorsa erano tredici e che c’è un solo branco. Non è vero, ci sono tre branchi, uno a ovest, uno al centro è uno a nord della Lessinia. Me lo ha detto un signore che fa il fotografo e li segue da quando sono arrivati. Lui è capace di riconoscere ognuno di loro. Si sono fermati qui perchè è facile procurarsi da mangiare e nascondersi. Loro trovano il bestiame domestico nei pascoli alti, i selvatici nelle foreste che risalgono i valloni circondati da rocce. Spingono gli ani ali in trappole di pietra e se ne nutrono per tutto il periodo estivo e d’inverno, quando scendiamo, si nutrono dei selvatici e scendono a valle anche loro ogni volta che devono fare rifornimento. Quest’inverno a Velo c’è stata la predazione di una manza a duecento metri dalle case.
Se non si farà qualcosa di serio, qui diventerà insostenibile. L’altro giorno c’è stato un incontro di esperti proprio sulla difesa da grandi predatori, proprio qui in Lessinia, sai cos’è anno deciso? Dicono che dobbiamo fare dei recinti elettrificati con il filo a tre altezze. Sai quanto sono vasti questi pascoli? Sono intere montagne carsiche dove l’unica acqua è concentrata negli stagni. Gli stagni sono lontani e non si spostano, le mucche sì.
– Ma di cani da guardiania non hanno parlato?
– Sì che ne hanno parlato, ne parlano sempre ma qui i pochi che si sono fatti convincere a prenderli si sono trovati una grana in più. Bisogna insegnare tutto a quei cani lì e le mucche che si sono abituate ad aver paura dei lupi, non ne vogliono sapere di cani.

cosa arriva dal bosco?

Intervista a Fulvio Valbusa. Sovrintendente Corpo Forestale dello Stato. Comando Stazione di Bosco Chiesanuova.

Fulvio Valbusa da www.outdoorblog.it
Fulvio Valbusa
da www.outdoorblog.it

Eravamo appostati lì sopra i Parpari da ore. Il segnale arrivava da Verona e pensavamo che da lì si sarebbe diretto a nord. Lo aspettavamo ma ci eravamo quasi arresi. Luca stava ritirando l’attrezzatura e a turno continuavamo a guardare la foresta con il binocolo come se fosse una tasca in cui eravamo certi di aver infilato qualcosa che non trovavamo. Ne aspettavamo uno solo. Se fossero usciti un attimo dopo, gli avremmo voltato le spalle e non ne avremmo mai saputo niente.
Giulietta è entrata nel pascolo per prima, Slavc dietro. Non posso dimenticarmelo, è come se mi dimenticassi quando è nato mio figlio. In un attimo Luca ha tirato fuori tutta l’attrezzatura e li abbiamo guardati e ripresi, ripresi e guardati ed erano veri, proprio lì davanti a noi. Siamo andati via solo quando sono spariti.
Da allora è cominciato un monitoraggio serrato con appostamenti, transetti e posizionamento di telecamere. Solitamente cerchiamo di posizionarle in punti di passaggio e di camuffarle in modo che non si accorgano di essere osservati. Si cerca di evitare i rendez vous dove si sentirebbero proprio disturbati. Lì andiamo ad appostarci ma da lontano.
Loro due non sono come gli altri: guarda questa ripresa, questa è Giulietta, sta solo passando e guarda avanti, di colpo si accorge di qualcosa, guarda fisso nella telecamera e fugge. Nella stessa telecamera c’è quest’altra ripresa, lo vedi quel cucciolo di un anno? Passa, si accorge di qualcosa e ne resta incuriosito, la guarda da vicino e se ne va un po’ stranito. Se ne va, ma non è spaventato. Quest’altro cucciolo di sei mesi ci viene proprio a giocare, altro che paura!
I cuccioli li riprendiamo facilmente, in proporzione Slavc e Giulietta non li si vede quasi mai. Loro hanno un livello di attenzione diverso.

Bivacco a monte dei Parpari.
Bivacco a monte dei Parpari.

Il battesimo di Giulietta

Vittorio ZambaldoDal 1870 non si vedevano più lupi in Lessinia.
Vittorio Zambaldo è giornalista. Scrive per L’Arena, il quotidiano di Verona. È una persona che oltre a saper studiare per sua sensibilità le faccende dell’anima, sa anche camminare e apprendere. Si guarda intorno, guarda le persone e le ascolta.
Quell’inverno si sapeva che un lupo che era partito dalla Slovenia si era messo a camminare verso sud ed era arrivato in Lessinia. Il radiocollare registrava la traccia dei suoi percorsi e ogni sei ore la inviava aggiornando sui suoi movimenti.
Un giorno gli arrivò la notizia che dove era passato Slavc c’era una doppia traccia. In alcuni momenti i due animali camminavano uno sulle peste dell’altro, in altri momenti trotterellavano affiancati. L’altro animale poteva essere un altro lupo maschio o femmina o un cane. Poteva essere.
– Direttore, ha sentito di quella doppia traccia dove è passato Slavc?
– Sì
– Solo due innamorati possono andare a passeggiare fianco a fianco nella neve come quei due animali. Slavc qui a Verona ha trovato forse la sua Giulietta?
Lui ha sempre aggiornato il giornale in modo ligio, senza anticipare né esagerare nulla che non potesse essere comunicato. Quella volta non era riuscito a domare la sensazione che gli assicurava che l’altro candide che camminava al fianco di Slavcz era una femmina e, visto che quella parte della Lessinia è in provincia di Verona, il giorno dopo sul giornale c’era scritto che Slavc aveva incontrato la sua Giulietta.
Era una cosa che non si poteva dire. Non c’era nessun dato certo. Se i fatti non lo avessero confermato, avrebbe dovuto ritrattare.
Ad agosto era stato trovato il cadavere di una lupa avvelenata in pessimo stato, denutrita, con evidenti segni di un laccio intorno al collo da cui probabilmente era riuscita a liberarsi prima di finire sul boccone che l’aveva uccisa. Era di origine italica. Che fosse Giulietta?
Non era Giulietta. Il branco che viaggia oggi da est a ovest attraverso la Lessinia è nato da quella passeggiata.

Davide Berton

Davide Berton. Coordinatore dei responsabili Grandi Carnivori del CAI  e responsabile per Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Nel nostro piccolo facciamo del nostro meglio per fare da anello di congiunzione tra le persone comuni che frequentano la montagna e la ricerca scientifica.

Davide Berton e le praterieIl lupo è prezioso per l’ambiente come gli altri elementi che ne fanno parte, sia l’abete che il capriolo. È più problematico, per arrivare a una convivenza tra uomini che frequentano le montagne e grandi carnivori occorre formazione. I compiti che stiamo adempiendo da volontari riguardano la raccolta di segnalazioni e il creare una cultura positiva tra i soci, rispetto a questi animali. In pianura è sempre più semplice parlarne, vicino alle montagne è sempre più delicato. In genere gli anziani quando si tocca l’argomento tagliano corto e non ne vogliono sapere.
La difficoltà più grossa per le segnalazioni è che devono arrivare in tempo utile ed essere precise per la localizzazione e l’accertamento del personale scientifico. Dopo una settimana che una carcassa è esposta a tutti gli animali che passano, diventa molto difficile accertarsi da chi è stata predata.
In Cansiglio l’ultimo lupo è stato ucciso nel ’29 ed era un elemento in dispersione perché già allora non se ne sentiva parlare da anni. Riabituarsi a gestire una difficoltà è molto più impegnativo che dimenticarsene quando il problema non c’è.
Stiamo allestendo una mostra di una ventina di pannelli sui grandi carnivori delle Alpi per poterla esporre nelle sedi CAI da utilizzare come strumento di informazione oltre ai convegni.
Il progetto Life wolfalps ha un termine di tempo oltre il quale i lupi ci saranno comunque. Stiamo organizzandoci perché tutto questo lavoro non sfumi allo scadere del progetto. Essendo il CAI su base volontaria è più facile ma richiede un grande impegno. Ciascuno di noi ha il suo lavoro e la sua famiglia. Sul territorio nazionale siamo sei responsabili e ci occupiamo ciascuno di una vasta regione. L’intenzione è di tenere insieme una rete omogenea, anche se poi ciascuno esprime la propria individualità.

 

Piergiovanni Partel

Incontro con Piergiovanni  Partel. Responsabile del Settore Ricerca scientifica e conservazione del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino

Non ci si può far condizionare da piccole situazioni quando si parla di convivenza tra selvatico e civile.

Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.
Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.

I lupi che sono passati sicuramente di qui negli anni scorsi sono Slavcz e un altro che era stato segnalato più volte in Val di Fiemme a cavallo del 2006-2007, ma le cui segnalazioni non avevamo trovato riscontro sino al 2009 quando le indagini eseguite su un teschio rinvenuto in loco hanno dato esito positivo. Prima di soccombere alla solitudine aveva anche compiuto predazioni su domestici che erano state imputate a cani vaganti, visto che nessuno immaginava che ci fosse davvero un lupo in Val di Fiemme. Dalle analisi del teschio si è potuti risalire alla sua origine dinarico-balcanica.
Adesso c’è più movimento anche in queste montagne.
Ieri è arrivata una foto scattata tra baita Segantini e il passo Rolle, è da verificare ma è verosimile. Sono arrivate altre segnalazioni dal Grappa e dall’altopiano di Asiago e uno è stato ripreso da una fototrappola nel parco delle Dolomiti Bellunesi sul confine tra Trento e Belluno. Inoltre nel mese di aprile un lupo giovane è stato investito in Valsugana. Potrebbero essere giovani in dispersione dalla Lessinia.
Occorre verificare tutte le segnalazioni perché sono molte di più dei lupi, possono essere cani, cani lupi cecoslovacchi o lupi ripresi in altri posti. Una volta che il dato è certo, è importante comunicarlo. Le persone che possono essere interessate all’argomento come pastori o cacciatori sono molto informate e se dalle stesse è giusto pretendere correttezza allo stesso tempo bisogna essere corretti nei loro confronti.
Ci sono diverse categorie di allevatori, a seconda delle modalità gestionali che adottano rischiano di subire di più o di meno da un eventuale ritorno del lupo in quest’area. Ancora non è arrivato ma per come stanno le cose è certo che torni.
Ci sono pastori professionisti che hanno più mille capi e li sorvegliano giorno e notte, sono quelli che rischiano di meno. Gli allevatori che, quando sono in malga, tengono oltre ai bovini anche pecore, che lasciano sui pascoli alti dove vanno a controllarle giornalmente e gli hobbisti che hanno piccole greggi di alcune decine di capi che lasciano al pascolo in terreni di uso civico, rischiano molto di più.
Il valore di una pecora recuperato con i risarcimenti è spesso ritenuto inferiore al suo valore reale, soprattutto per persone che, avendone poche, danno un significato che va oltre al prezzo della carne ai loro animali.
Quando l’orso danneggia un arnia, il valore che gli viene restituito è più facile da calcolare e spesso lascia gli animi in pace.
In ogni paese dove si ha a che fare con numeri elevati di grandi carnivori le misure che si prendono per regolarne i numeri sono più o meno analoghe. In Italia il pensare di gestire la popolazione di lupi in modo attivo anche attraverso pochi prelievi mirati diventa molto difficile perché non si riescono a conciliare le posizioni dei fronti più estremi: come ad esempio alcune posizioni del mondo venatorio e dell’allevamento che si sentono minacciate dall’arrivo del lupo e da alcuni settori ambientalisti che non sono in grado di rendersi conto che il prelievo mirato di alcuni individui può essere a vantaggio della specie.
Quando, al convegno del progetto Life wolfalps, Luigi Boitani ha espresso la necessità di considerare la possibilità degli abbattimenti, la stampa gli è volata addosso. Nel momento in cui lui, che è una delle persone che negli anni settanta hanno portato la stessa opinione pubblica a rivolgersi a favore del lupo, ha prospettato l’idea dei prelievi, è diventato il nemico del lupo.
Parlare degli abbattimenti del cervo quando rovina il bosco desta meno perplessità che del lupo e degli altri grandi carnivori come orso e lince.
Bisognerebbe che nella gestione dei grandi carnivori fossero coinvolte persone con una visione più ampia possibile delle questioni che riguardano la loro presenza. Al mondo c’è il lupo e anche la pecora, il pastore, il cacciatore, l’ambietalista, come pure il filosofo. Per tenere tutti in piedi bisogna guardare da lontano.

Elio De Silvestro, guardiaparco della foresta di Paneveggio

Questo territorio sembra selvaggio ma non lo è. Ogni anno il centro visite vede passare venti cinquemila persone. La Val Veneggia vede passare decine di migliaia di persone. Il lupo è un animale selvatico. Nonostante tutta la selvaggina che potrebbe trovare, qui c’è troppo traffico.

Elio è guardiaparco: gli ho proprio chiesto se non era guardaparco! Non ha animali e non ha mai avuto animali, lui è della foresta, della Foresta di Paneveggio che è sempre stata demaniale anche quando non era parco, era dell’Impero Austroungarico. Mi trovo in provincia di Trento e anche sotto l’Impero, qui si è sempre parlato italiano. La gestione del territorio del Parco è sempre stata sotto il demanio e le Regole.

Elio De Silvestro, guardiaparco della foresta di Paneveggio
Elio De Silvestro, guardiaparco della foresta di Paneveggio

L’animale più rappresentativo della foresta è il cervo che era stato reintrodotto con l’istituzione del parco. I primi esemplari erano tenuti sott’occhio in un recinto che si trova sotto il centro visite e che continua ad ospitarne una trentina. Oggi su tutto il territorio se ne contano quasi duemila, in primavera si muovono in mandrie numerose, anche cento elementi insieme.
Negli anni si è studiata questa popolazione per capirne i movimenti e ne sono risultate tre tipologie: ci sono animali che nascono, vivono e muoiono nello stesso posto. Altri che hanno migrazioni stagionali: molte femmine vanno a passare l’estate nelle dolomiti bellunesi e tornano tutti gli anni per il bramito. Altri ancora se ne vanno e non tornano più, in genere sono maschi giovani.
Il cervo vive nella foresta ma quando c’è ne sono troppi, la foresta non si rigenera piú. Prima di spostarsi più a valle, quando comincia l’inverno, quelli che fanno le spese di queste mandrie di bovini selvatici sono i germogli di abete rosso e i cespugli di sorbo degli uccellatori che sono anche molto graditi per grattarsi le corna e nei confini del parco se ne trovano solo più di molto piccoli o di molto grandi.
Di predatori non ce ne sono, è passato l’orso, era arrivato dal passo del Valles ma se n’è andato verso la Val di Fiemme in direzione dell’Adamello Brenta ed è stato investito in autostrada. Anche a Primiero ne è passato uno, è stato in letargo vicino al paese ma stava tornando verso est e se n’è andato. L’orso, come altrove, desta disappunto tra allevatori e cacciatori.
Una coppia di linci ha girato intorno alla Val Moesa ma anche loro se ne sono andate. Il lupo che è passato più vicino è stato Slavcz che dopo aver passato una notte alla Caseria di Valles alto, ha girato a est delle Pale di San Martino senza entrare in Trentino.
Dato il sovrappopolamento di cervi, il ritorno di un predatore sarebbe auspicabile ma per ora se ne parla solo, i cacciatori non sarebbero contenti e al momento gli allevatori non sarebbero attrezzati perchè non hanno cani da guardiania.
Se vent’anni fa qualcuno avesse portato la notizia di un avvistamento di lupo in questa zona, non gli si avrebbe dato molto peso, adesso sì.
A partire dall’anno prossimo in tutta la provincia di Trento l’organizzazione della vigilanza nei parchi subirà grandi modifiche e sarà interamente affidata al corpo forestale. I guardiaparco dei parchi regionali e provinciali hanno dovuto scegliere se rimanere nei parchi con mansioni più tecniche o se spostarsi nella forestale e attenersi alla sola sorveglianza. Elio ha scelto questa seconda possibilità. Per nessuno è facile scegliere.

Tappe da Oberbuchach alle Pale di San Martino

Murzalis

Mariota e memorie di Carnia aguzza

Murzalis

Caseria Plotta

la marcia dei cosacchi vista dai pascoli di fronte

casearia Plotta

Perabech

una valle di prati e boschi

Perabech

Costalissoio

la valle incantata

Costalissoio

Pralongo

caccia al tesoro

Pralongo

Lago d’Aial

Cortina, un posto bellissimo

Lago di Aial

Frena

le Regole tengono in ordine queste valli

2016 06 14 Frena

Caseria di Valles Alto

tappa di civilizzazione per finire esattamente sulle tracce di Slavcz

2016 06 15 Caserie di Valles Alto