Il lupo c’è anche se non si vede

2016 08 10 Stefano Polliotto
Carrozziere di mestiere, fotografo naturalista di anima e corpo.

Stefano Polliotto
Stefano Polliotto

Il padre era cacciatore, da quando era piccolo è sempre andato a cercare gli animali con lui, un giorno ha preso una reflex di quelle abbordabili, una Yashica con l’obiettivo di 35mm ed è andato da solo a cercare cervi. Per fotografare i cervi senza farli scappare con quel l’obiettivo ha dovuto affinare tutte le capacità apprese dal padre negli anni. Con il tempo si è procurato attrezzature professionali ma quell’abilità di nascondersi ai selvatici è quella che gli permette anche adesso di avvicinarsi ai lupi senza che se ne accorgano.
I primi video li ha girati nel ’91 sul bramito del cervo, dal ’93 ha cominciato a trovare zampe e pezzi di carcasse, pensava che fossero opera di cani reinselvatichiti. Solo nel ’97 si è saputo che i lupi erano tornati e ha iniziato a cercarli.
L’equipaggiamento che si porta dietro nelle sue uscite consiste in telecamera, ottiche, cavalletto e viveri e pesa tra i 14 e i 15 chili.
Suo padre non è più cacciatore ed è in pensione e adesso si diletta ad occupare il suo tempo libero andando in avanscoperta in cerca di lupi mentre lui è in carrozzeria a lavorare.

Un vento che porta via, gli ultimi aghi dei larici si staccano in un baluginare dorato, la foresta lascia scoprire il panorama che ha nascosto per tutta l’estate, il rumore dei rami che fischiano e sbattono copre anche quello dell’autostrada che corre nel fondovalle ottocento metri più in basso.
Un capriolo con la coda controvento sta immobile e aspetta che tutto si calmi. Pochi metri più in là un lupo sta seduto e aspetta che tutto si calmi. Sopra di loro Stefano riprende la scena e non si muove neanche lui. Colori della terra: oro, bronzo, marrone, argento e grigio. Colore del cielo: azzurro quasi blu.
Passi di due persone che parlano ad alta voce con zaini e vestiti variopinti solcano il sentiero sottostante ed escono di scena. Il capriolo li segue con lo sguardo e sta lì, il lupo anche, loro non sapranno mai quanti esseri li hanno guardati mentre passavano.
Un vento che porta via. Gli esseri animati immobili, solo i loro peli arruffati fanno capire che non sono statue, gli alberi in un continuo ondeggiare e sbattere.

Quattro gennaio millenovecentonovantotto, risalivo dal Puy e mi tenevo in cresta perchè ero arrivato fin lì senza racchette nè ski e negli avvallamenti la neve era troppo morbida per tenermi a galla. In un attimo sono apparsi e scomparsi diciotto cervi al galoppo in salita che risalivano da quel vallone lì davanti. Dietro di loro c’erano tre lupi. Sono passato di corsa proprio da qui per aggirarli e riprenderli ma sopra al lago si sprofondava e sono finito nella neve fino alla cintura. Alcune immagini erano rimaste intrappolate nella telecamera, sono tornato giù e non ho detto niente a nessuno per qualche giorno prima di decidermi.
Nei primi anni li ho visti tre o quattro volte all’anno con una media con cento, centoventi uscite, nel 2008 una ventina di volte. Nell’estate 2010 avevo trovato il rendez-vous dove sono cresciuti i cuccioli e li ho visti quasi ogni volta che sono uscito. Quell’estate ne erano nati nove: uno sproposito, li ho seguiti fino all’inizio del 2011 ma erano sempre di meno, due sono finiti sotto a delle auto, altri cinque uccisi o avvelenati, di due si sono perse le tracce, poi non ho più trovato neanche gli esemplari alpha. Solo più uno rispondeva agli ululati ma era un verso disperato, probabilmente era la femmina perché dal 2013 è arrivato un maschio dalle Marittime e la nuova coppia ha formato il nuovo branco.

Territorio di caccia
Territorio di caccia

Quell’inverno ero sulle tracce di un lupo che viaggiava spedito con una meta precisa e l’ho trovato che scavava sotto le pietre di fronte a una postazione per cacciatori a vista di un’altana. Sotto quelle pietre c’erano i resti di un altro lupo a cui erano stati portati via testa e coda e di cui nel giro di poco sarebbe rimasto ancora meno.

Mi è sempre piaciuto riprendere animali difficili da avvicinare, il cervo all’inizio era difficile, adesso mi capita che inseguendo le tracce dei lupi mi trovo a passare attraverso il branco, loro non si spostano neanche e non mi fermo neanche a fotografarli. I lupi li ho trovati ma continuo a cercarli credo che sia il loro sguardo a catturare. È uno sguardo diritto che ipnotizza. È intelligente e difficile da vedere e sorprendere.

Penso che sia arrivato spontaneamente di valle in valle, se lo avessero messo si sarebbe spostato, con gli spostamenti che è in grado di fare e con la testa anarchica e imprevedibile che si ritrova, non credo che si possa dire a un lupo dove stare e cosa fare.

Era agosto, poteva essere il 2000, c’era una di quelle serate culturali per i villeggianti di Oulx e c’erano fior fior di professori che parlavano del ritorno del lupo e di come si stavano modificando gli equilibri della fauna selvatica. I mufloni, introdotti da cacciatori e insediati sullo spartiacque tra Val di Susa e Val Chisone erano in precipitoso aumento quando non avevano predatori ma essendo molto mansueti e originari della Sardegna dove non avevano mai dovuto preoccuparsi di altro che dei cacciatori, avevano subito per primi un’evidente decimazione. I caprioli si erano abbassati di quota ed erano diventati molto più schivi. I cervi continuavano a fare i re della foresta ma anche loro avevano dovuto imparare a spostarsi di più.
Dati e discorsi si alternavano con video commentati personalmente da Stefano che aveva passato due inverni in cresta riprendendo i lupi e da quando sono arrivati non ha mai smesso.
Forse quella sera è cominciato questo viaggio. Ho capito che molte volte il lupo mi aveva vista senza che io lo vedessi e che se avessi mai incrociato il,suo sguardo, lui sarebbe scappato come un’ombra.

Quando il lupo era estinto da anni, sulla neve sono ricomparse le sue tracce

2016 08 09 TERESIO Guiffrey

Borgovecchio di Bardonecchia

TERESIO Guiffrey, pisteur di Melezet da anni dopo anni di innevamento in tutti gli angoli delle piste di Bardonecchia. Con gli ski vola ovunque, con il cuore macina tutto quello che vede. Non era possibile che fossero tracce di lupo, si è estinto in questa valle da più di settant'anni.
TERESIO Guiffrey, pisteur di Melezet da anni dopo anni di innevamento in tutti gli angoli delle piste di Bardonecchia. Con gli ski vola ovunque, con il cuore macina tutto quello che vede. Non era possibile che fossero tracce di lupo, si è estinto in questa valle da più di settant’anni.

Cresta Seba. Prima che ci fossero i gasex, andavamo a tagliare le slavine con gli ski ogni volta che nevicava e negli ultimi anni ho cominciato a vedere le tracce. Ci avrei giurato che era un lupo. Non ho mai visto cani a quell’altezza in quella stagione. È successo quattro o cinque volte in due o tre anni. Può sembrare poco. Quando la neve fa crosta o è ventata, non le puoi vedere ma non è detto che non siano passati. Quando nevica tanto su quel versante della montagna i camosci si alzano ed è facile vederne una colonia che rumina nell’erba gialla dopo che il manto nevoso è scivolato ammucchiandosi più in basso.
Facendo l’innevamento per anni ho lavorato di notte ma ho sempre visto solo le tracce. È schivo e attento. Sa scomparire come un fantasma.
Nessuno ammetteva la sua presenza. Una mattina ritirando i cannoni, abbiamo trovato una carcassa di capriolo al bivio della cappellina: sangue nella neve, stomaco intatto e peli. Hanno continuato a dire che non poteva essere stato il lupo.

Incontro alla bergeria.
Sette o otto anni fa stavamo rientrando da un giro in bici prima di andare a lavorare. Un lupo stava seduto a monte della bergeria e guardava i movimenti sottostanti nonostante i cani che non si erano accorti della sua presenza.
– guarda che volpe!
– Non può essere una volpe.
A duecento metri da lì il rumore dei freni lo ha allertato e nel tempo in cui il rumore gli è arrivato alle orecchie era già sparito.

Agilità.
Sulla strada che scende dal col della Scala, casotto della vecchia frontiera, salivo in bici andando a lavoro e loro scendevano venendomi incontro trotterellando. Un incrocio di sguardi ed erano già volati oltre le terre armate.

storie di cani e di pastori

2016 08 08 Gianfranco Careddu
Guardiaparco Orsiera Rocciavrè

Gianfranco è arrivato alle Tanze con Luca Giunti ed Elio Giuliano. Stava zitto e attento, ogni tanto spostava la macchina fotografica, poi tornava ad ascoltare. Quando il discorso è scivolato sui cani da guardiania, è stato Luca ad interpellarlo, altrimenti nessuno si sarebbe accorto di quanto fosse coinvolto da questo argomento. Questa è la minima parte di quello che ha raccontato.
Gianfranco è arrivato alle Tanze con Luca Giunti ed Elio Giuliano. Stava zitto e attento, ogni tanto spostava la macchina fotografica, poi tornava ad ascoltare. Quando il discorso è scivolato sui cani da guardiania, è stato Luca ad interpellarlo, altrimenti nessuno si sarebbe accorto di quanto fosse coinvolto da questo argomento. Questa è la minima parte di quello che ha raccontato.

I cani sono l’unico strumento valido per la difesa del bestiame. Chi ha sempre fatto prevenzione, ha avuto meno difficoltà ad adattarsi al ritorno del lupo. Sono stati i primi ad avere i cani e a gestirli bene. Il mestiere dei maremmani è proteggere il gregge, conosce le pecore di cui è responsabile e loro conoscono lui.
Quando il pastore vuole che il cane protegga sia il gregge che la casa, si rischia che diventi mordace e che si disinteressi sempre di più al gregge.
C’è chi prende il cane per dimostrare che non serve, lo abitua a mangiare a casa, gli concede di allargarsi e in un attimo lo convince di essere lui a dettare le regole. Quei cani diventano ingestibili.

L’ideale quando si affida un cane a un pastore è
– trovare quello più adatto a lui. Ogni cucciolo ha un suo carattere.
– La socializzazione con il gregge, solo il pastore può fare in modo che avvenga in modo che le pecore si sentano protette e il cane responsabile.
– Un cane che non attacca briga con il lupo e non lo insegue ma lo mette in fuga. I lupi sono furbi e più di una volta è successo che uno o due elementi del branco attirassero i cani lontano dal gregge stuzzicandoli e facendosi inseguire mentre gli altri cacciavano indisturbati. Un cane che attacca il lupo, se riesce a cavarsela riporta comunque delle brutte ferite che devono essere medicate e mentre lui è in cura, il gregge rimane incustodito o ha meno cani a proteggerlo.

4 STORIE

L’aquila.
In pieno giorno l’Aquila si è abbassata sul gregge e ha portato via un agnello. Il suo volo era appesantito dalla preda e non riusciva ad alzarsi. Il pastore ha visto il maremmano partire con grandi balzi cercando di portarle via l’agnello. Non c’è riuscito perchè lei è riuscita ad alzarsi abbastanza da impedirgli di raggiungerla. In lontananza l’ha vista mollare la preda per la fatica di volare con un peso così grande tra gli artigli. L’agnello non lo ha più ritrovato ma l’Aquila non è più tornata.

La ciotola
Un pastore aveva preso il cane e se lo era portato a casa. Prima di metterlo con il gregge voleva abituarlo a sé e alla sua famiglia. Lo ha sempre portato a casa per dargli da mangiare e lo ha curato in tutti i modi. Quel cane non ne voleva sapere di stare con le pecore. Ogni volta che riusciva tornava a casa e ogni volta che capitava scappava facendo danni nei pollai di altri agricoltori. Non era per niente contento. Quel cane doveva tenerlo legato alla catena, non faceva altro che abbaiare a qualunque anima di passaggio e mangiava come un lupo.

In mezzo alle pecore sembra quasi una pecora
Un altro pastore dello stesso paese aveva ottenuto l’assegnazione di un cane per il suo gregge lo stesso giorno. Lo aveva subito portato dalle pecore e gli aveva dato da mangiare in un punto sopra il gregge da cui vedeva tutte le pecore e loro vedevano lui; poi lo aveva lasciato nel recinto con loro. Da quando quel cane è con le sue pecore, non ha più avuto attacchi, sta sempre con loro con qualsiasi tempo è quasi non lo riconosci in mezzo al gregge.

La luna
Era notte, saranno state le due e la luna era enorme. I cani hanno cominciato ad abbaiare e sono uscito a guardare. Lui si è seduto da una parte del gregge, poi un po’ più in là, poi dall’altra parte. Guardava anche lui. Appena si avvicinava troppo i cani si facevano sentire. Se n’è andato. È naturale!

Come la vede un cacciatore

2016 08 08 Davide Pittavino
Cacciatore

Davide Pittavino
Davide Pittavino

Questi sono gli appunti che ho preso parlando con Davide. Lui è il cacciatore con cui ho parlato più a lungo e con la visione più ampia. È un uomo che ama le montagne che frequenta appena possibile e che per la foresta e i suoi animali dà tutto sè stesso con lo studio e con le gambe.

I lupi li vedo e vedo le conseguenze del loro ritorno in queste valli. L’anno in cui ne ho visti di più è stato il 2013: sette in valle Argentera, quattro a Santa Chiara e quattro in Val Fredda. Sono aree abbastanza distanti perché si possa pensare a tre branchi diversi. Se non vedo loro, incontro segni del loro passaggio, fatte, impronte e carcasse. A fine marzo ho trovato una carcassa di capriolo a trecento metri da casa.

Una volta individuato un branco è facile seguirlo e non posso credere che i dati emersi dal censimento dell’anno scorso, con tutte le persone che sono state coinvolte per metterli insieme, abbiano un margine di errore così alto. Ritengo più probabile che non vogliano farci sapere quanti ce ne sono.

Censimento caprioli 2008: 1500 animali
Censimento caprioli 2009: 800 animali
Piano di abbattimento 2000-2001: 450 cervi e 300 caprioli, consegnati quasi tutti
Piano di abbattimento 2015-2016: 90 caprioli, consegnati 43.
Per anni si è potuto abbattere il cervo all’interno dei confini del parco del Gran Bosco, adesso non più.
Ci sono sempre meno zone aperte, la foresta mangia i bordi dei prati e li vedi uscire allo scoperto solo dall’alba alle nove.

Non posso credere che il lupo sia arrivato fin qui da solo dall’Abruzzo. Nell’87-88 erano solo nel Marguareis. Improvvisamente nel 96-97 c’era un branco stabile nel Gran Bosco di Salbertrand che, guarda caso, è parco. Perchè non si è fermato dove c’era un’elevata disponibilità di mufloni facili da predare in Val Chisone?

Il ritorno del lupo è stato in qualche modo aiutato dal personale dei parchi e adesso che si è insediato non è gestito in nessun modo, l’unica gestione è affidata a incidenti stradali e bracconaggio. In un programma di gestione sai cosa succede, in questo modo, no.
L’unica mossa in questo senso è stata la proposta di deroga all’abbattimento di quest’inverno, ma le clausole che la rendono realizzabile sono talmente irraggiungibili e in contrasto che non sarà mai realizzabile.
Sarà possibile ottenere la deroga qualora
– Il monitoraggio consenta di ritenere troppo elevato il numero di lupi presenti nell’area;
– Siano state messe in opera tutte le pratiche per la riduzione dei danni in alpeggio;
– Sia stato eradicato il bracconaggio.
Se i lupi che arrivano si abituano a rifornirsi di carne sul bestiame domestico, continueranno a farlo. Finchè non sarà possibile abbattere legalmente i lupi che danno fastidio, il bracconaggio e gli incidenti stradali saranno l’unico modo per contenerli.

Sono riflessioni a cuore aperto.  Davide si è ritenuto libero di parlare e gliene sono grata.

Veleni. Pratica vigliacca.

2016 08 05 Gianabele e Luna
Guardiaparco del Parco di Avigliana e componente della squadra antiveleni delle Alpi Occidentali e il suo cane da traccia.
Caprie

Gianabele lavora nei parchi dall’Ottantotto, Po alessandrino a Valenza, Avigliana e Po torinese. Nel 2008 ha collaborato nella gestione del rifugio Barbara per due amici collegati come lui all’ambiente dei parchi.
Luna è un épagneul bretone, nata nel 2013, sembrava la più mansueta della cucciolata di suo suocero che era cacciatore. Ha cominciato l’addestramento a sette mesi non è così precisa ma non mangia quello che trova, il suo fiuto è eccezionale. Si ferma lì, si siede e aspetta.
I cani utilizzati a questo scopo vengono scelti in genere tra quelli addestrati da ricerca, ma la ricerca è rivolta a sostanze diverse: droga, selvaggina, vittime di valanghe.
Un cane della squadra antiveleno deve segnalare ogni sostanza alimentare: carne morta e resti ossei. Lei ha imparato ad avvicinarsi e sedersi lì vicino, altri sono addestrati per chiamare abbaiando. Per me questo sistema ‘silenzioso’ è comodo perché preferisco non fare troppo spettacolo quando cerchiamo i bocconi. Appena si sparge la voce che siamo all’opera, saltano sempre fuori molte distrazioni. Con lei posso arrivare sul posto indicato dalla segnalazione, farmi un’idea di cosa c’è, impacchettare quello che Luna ha trovato e cercare solo alla fine la persona che ci ha chiamati. Ormai è fatta, mancano solo le notizie.
L’abbaio inoltre dà eccitazione e aumenta il rischio che il cane arrivi ad assaggiare la sostanza che ha trovato. I cani della squadra antiveleni rischiano la vita ogni volta che escono. Succede che muoiano per aver assaggiato bocconi avvelenati. Le esche sono allettanti e pericolose.

I bocconi avvelenati sono una pratica ricorrente per diverse ragioni. C’è chi, infastidito dal cane del vicino, mette bocconi mirati a vendicarsi. C’è chi, infastidito dalla volpe o dalla faina che attaccano il suo pollaio, le elimina in questo modo. Ci sono i bracconieri che per missione decidono di far sparire il lupo: loro devono organizzarsi bene, il lupo è difficile da ingannare, l’odore umano lo insospettisce e non si fa commuovere da piccole quantità. I casi di contrasto al lupo si riconoscono dal l’abbondanza di carne disponibile e dalle quantità di veleno. L’anno scorso in un caso di questo genere abbiamo trovato in un’unica zona 18 Bocconi da mezzo chilo, sono tantissimi. Avvicinandoci al lupo avvelenato siamo entrati in un’area lugubre: prima un aquila, poi un corvo, persino un ramarro era rimasto vittima di quel l’unica azione contro il lupo, una volpe era morta con la testa nella tana e la coda fuori. Il veleno non è selettivo e in genere va a colpire individui giovani e inesperti che non diffidano ancora abbastanza dell’odore umano. Tutti gli altri carnivori che passano di lì e assaggiano ignari le esche disseminate in abbondanza, ne restano vittime. È una pratica vigliacca, forse è più dignitoso sparare.

Vedere con sguardi diversi per trovare una soluzione

2016 08 04 Luca Giunti
Guardiaparco del Parco Orsiera Rocciavrè
Bussoleno

Luca si occupa di lupi da quando sono arrivati. Per anni le sue ricerche sul campo si sono alternate a ricerche di bibliografia per capire e poter comunicare il motivo per cui il ritorno di questo predatore desta posizioni così opposte nelle persone. Si è trovato a raccontare quello che aveva scoperto a un pubblico sempre diverso. Abbiamo parlato a lungo di molte cose mentre passavo da Bussoleno, questa è solo una minima parte dei suoi pensieri.

In questa foto si vede Luca così come è, tra le sue mani c'è un lupo ucciso dai bracconieri. È pubblicata sul calendario 2017 del Parco delle Alpi Cozie. Non sono stata capace di fargliene una che raccontasse così tante cose di lui e preferisco mostrarlo così.
In questa foto si vede Luca così come è, tra le sue mani c’è un lupo ucciso dai bracconieri. È pubblicata sul calendario 2017 del Parco delle Alpi Cozie. Non sono stata capace di fargliene una che raccontasse così tante cose di lui e preferisco mostrarlo così.

‘È più ricco dell’imperatore perché mette sul suo desco cibi non comprati’ -Virgilio-

Il lupo ha moduli di comportamento vicini ai nostri: socialità, territorialità e dispersione. Sull’ambiente alpino ha funzione positiva è negativa insieme: la riduzione della pressione del cervo sulla ricrescita del bosco è un vantaggio, gli attacchi al bestiame domestico sono uno svantaggio. È la goccia che fa traboccare il vaso ed è anche un nemico epico. Fare la voce grossa a proposito del lupo permette di farsi ascoltare su tutto il resto.

Per gli allevatori il danno non può essere pareggiato dal punto di vista economico. L’allevamento di montagna che è sempre stato marginale, lo è sempre di più, soprattutto quello ovino. La lana che sarebbe una risorsa, deve essere smaltita come rifiuto; oltre al periodo pasquale la carne la comprano quasi solo i musulmani.
L’assistenzialismo non è una soluzione perché aumenta il divario tra la società e il mondo dei margari. Per mantenere continuità delle tradizioni e adeguarsi al progresso, occorre istruzione. Frequentando la scuola ed entrando in contatto con realtà diverse da quelle in cui sono nati, i giovani margari potrebbero concepire il loro mestiere in maniera più ampia, adesso non è così, la maggior parte di loro, al di fuori del loro mondo sono fuori dal mondo. Il rischio che si affezionino a modelli urbani e perdano interesse per la vita con gli animali è una necessità.
La capacità imprenditoriale di un allevatore che oltre a raccogliere il latte, lo lavora e vende i suoi prodotti in alpeggio, gli porta benefici che vanno oltre al vantaggio economico. Lo scambio di merci è collegato all’incontro con persone che vengono da lontano, hanno vite diverse e prendono, oltre al formaggio o al burro, anche il senso della passione per la vita con gli animali e della durezza della vita all’aria aperta. Tutti quegli alpeggi che passano dalla produzione di latte a quella di carne, perdono qualcosa e sono sempre di più.

Lealtà verso i suoi simili e collaborazione nella caccia con il branco sono modelli che affascinano e fanno apparire venerabile il lupo da chi non lo ha mai visto e mai avrà ragione di confrontarsi con lui. Famelico e assatanato sono aggettivi che lo descrivono meglio di ogni altro per chi vede l’altra sua faccia.
Il lupo è entrambe le facce. Non recita e non si impegna. È così e basta. Fare di lui un mostro è un errore, fare di lui un eroe è un errore identico. Lo scambio tra realtà diverse potrebbe permettere a chi lo vede in un modo o nell’altro di accorgersi che nessuno dei due modi è quello vero e a prendere posizioni meno drastiche.

Il parco ha messo il lupo e noi dobbiamo togliere le pecore

2016 08 02 Gilles Mestrallet di Termignon
Col du Moncenis

Per incontrare Gilles Mestrallet mi sono fermata all'alpeggio Vachere. La famiglia che lavora qui è proprietaria da quattro generazioni. Uno dei figli è rimasto sotto una valanga poco lontano da qui facendo soccorso alpino con gli ski. - è la natura Il ritorno del lupo non è naturale. Il lupo non ci deve essere, soprattutto questi lupi artificiali.
Per incontrare Gilles Mestrallet mi sono fermata all’alpeggio Vachere. La famiglia che lavora qui è proprietaria da quattro generazioni. Uno dei figli è rimasto sotto una valanga poco lontano da qui facendo soccorso alpino con gli ski.
– è la natura
Il ritorno del lupo non è naturale. Il lupo non ci deve essere, soprattutto questi lupi artificiali.

Allevatore di bovini e caprini. 150 tra manze e vacche e 150 capre. Possiede una trentina di pecore ‘du tonne et marteau’ di cui è il figlio a occuparsi perchè lui, da quando è tornato il lupo e tante cose sono cambiate, non ne vuole più sapere delle pecore. Dall’età di otto anni ha sempre fatto il pastore, prima d’estate presso gli zii che avevano dieci vacche da latte e duecentocinquanta pecore con gli agnelli, poi con il padre all’alpeggio dell’Arpon dove la sua famiglia estiva da quattro generazioni. Insieme alle pecore hanno sempre tenuto cinque o sei vacche per il latte e il formaggio e si scendeva con i muli per venderlo. È arrivato a tenere fino a settecento pecore e sette o otto vacche in stalla e in alpeggio, nella stagione invernale faceva il pisteur sulle piste da ski. A questi animali la moglie ha voluto aggiungere cinque capre di cui si è sempre occupata lei per produrre anche formaggio di capra, all’inizio mungeva a mano e adesso sono 150. In alpeggio c’è un pastore con duemila pecore delle stalle di pianura.
Gilles e la moglie hanno il caseificio e il negozio a Termignon, lui sale due volte al giorno in alpeggio a mungere è una volta alla settimana va a vendere il formaggio in Tarantaise ad altri caseifici.

Non ho mai accettato il ritorno del lupo, nel 2003 i lupi si sono presi ottanta pecore.
I cani da guardiania sono delle nullità, causano solo problemi con i turisti, scappano e pensano solo a mangiare. Se non ci fossero i lupi, non ci sarebbe bisogno dei patou. In vent’anni a Termignon da quattromila a settecento pecore. Le pecore impaurite e guardinghe producono di meno, aumentano i costi perchè bisogna potersi permettere un pastore e i patou. Radunando il bestiame in recinti vicino alle case per tenerli al sicuro di notte, il terreno super pascolato, pestato e coperto di deiezioni viene invaso dalle erbacce e si rovina. Le mucche non possono pascolare negli stessi posti delle pecore, togliendole molti posti vengono invasi da vegetazione pioniera e i pascoli più ripidi diventano macchie impenetrabili dove il lupo si nasconde e prolifica ancora di più. O il lupo o le pecore, non possono coesistere.

Questi lupi non sono tornati da soli, sono stati portati e sono incrociati con i cani. Il vero lupo attacca un solo animale di notte lontano dai paesi, questi sono domestici, vengono vicino ai paesi, uccidono tanti animali. A Termignon hanno preso una cerva rincorrendola per le vie del paese.
Gli accertamenti non arrivano subito, se gli avvoltoi e i gipeti arrivano prima del l’accertamento fanno sparire le tracce e non arrivano neanche i risarcimenti. Il gipeto lo hanno messo loro. Prima il gipeto e poi il lupo.

Il ritorno del lupo fa male perché ha diviso molto.
Nel 2004 abbiamo fatto una manifestazione e ho portato tutte le pecore per bloccare la strada nazionale per sei ore. Quando le abbiamo portate via e messe a mangiare nei giardini pubblici, la guardia ha manifestato il suo dissenso ed è successo un putiferio. Per me quella era erba, per la guardia era un giardino e non siamo riusciti a metterci d’accordo senza arrivare allo scontro.
L’anno scorso c’era la riunione per la Carta del Parco. C’erano quattrocento persone nella sala delle feste e molti dissensi. Alle dieci e trenta gli agricoltori si sono alzati tutti insieme e sono usciti per poi rientrare tutti insieme e imporre di eliminare i lupi del parco. È arrivata la gendarmerie ma non è successo niente. Abbiamo portato da mangiare per tutti e siamo rimasti lì a discutere. Nessuno poteva bere alcolici per non degenerare.
Alle quattro di mattina sono andato a mungere è così dovevano fare anche gli altri. La sala si è svuotata e il personale del Parco è stato rilasciato.

Nel parco c’è gente in gamba ma vengono da fuori, hanno studiato, non sono sul terreno, non possono capire.
Il nostro lavoro non si impara a scuola, è legato a questo territorio. Se c’è un albero caduto sul sentiero che porta al pascolo, lo taglio, se c’è una frana che rende pericoloso il passaggio delle mucche, sposto le pietre, se c’è il lupo? Per poter lavorare devo eliminare quello che mi impedisce di farlo. Il lupo lo devono eliminare quelli che lo hanno messo.

Cosa possono fare i lupi

2016 08 01 Raphael e Gislende
Chaviere

Raphael è sempre stato in alpeggio. Da anni ha abbandonato l'allevamento di pecore mettendo su un'azienda con la moglie. Gislende anche, ma sulla montagna di fronte, la sua famiglia è sempre stata in alpeggio sotto il colle del Moncenisio. A diciotto anni aveva iniziato a costruirsi una vita in paese ma Raphael l'ha riportata in montagna. La montagna di fronte dove sono felici tutti e due con i loro figli. Allevano mucche da latte, munte due volte al giorno e hanno il laboratorio per la trasformazione del latte in cui lavorano insieme.
Raphael è sempre stato in alpeggio. Da anni ha abbandonato l’allevamento di pecore mettendo su un’azienda con la moglie. Gislende anche, ma sulla montagna di fronte, la sua famiglia è sempre stata in alpeggio sotto il colle del Moncenisio. A diciotto anni aveva iniziato a costruirsi una vita in paese ma Raphael l’ha riportata in montagna. La montagna di fronte dove sono felici tutti e due con i loro figli. Allevano mucche da latte, munte due volte al giorno e hanno il laboratorio per la trasformazione del latte in cui lavorano insieme.

Nel giro di poco tempo settanta animali colpiti a fine estate.

– Mi pare fosse il duemilatrè. Noi avevamo l’alpeggio davanti a Entre deux Eaux. Non salivamo tutti i giorni a guardare le pecore, era così da generazioni. Tutti i giorni andavamo sul versante di fronte e guardavamo con il binocolo se tutto era in ordine. Un giorno di fine estate, era da quindici giorni che non salivamo e mio padre è andato a vedere. Ne ha trovate venticinque morte sgozzate e mezze mangiate. Ha deciso di portarle immediatamente vicino al paese per tenerle al riparo e ha sparso la voce. Il tempo di organizzare il viaggio e il mattino dopo ne mancava un’altra. Siamo partiti ma non si poteva fare tutta la strada in un giorno. La sera le abbiamo messe tutte insieme vicino al lago del colle.
Il mattino dopo abbiamo trovato una strage: c’è n’erano 30 morte sgozzate, un paio le avevano mangiate, le altre le avevano soltanto uccise.
Siamo scesi con il cuore pesante e le abbiamo portate nei prati vicino a Termignon come tutti gli altri pastori del paese per sfuggire a questa furia. I lupi le avevano seguite. Era come se fossero diventate di loro proprietà. Ogni notte ne mancava una. Per quindici giorni hanno continuato così, prendevano principalmente quelle di quel gregge lì, finché non le abbiamo rinchiuse.
L’estate seguente siamo saliti io e mio fratello, lui è rimasto in alpeggio tutta l’estate.  Abbiamo messo nel gregge i patù dei Pirenei. Questi cani sono molto in gamba a difendere le pecore, si mischiano a loro e controllano tutto che può metterle in pericolo ma si sono verificati alcuni incidenti per cui bisogna fare davvero molta attenzione.
L’anno scorso i nostri cani hanno attaccato una turista vicino al rifugio. Le autorità hanno imposto di toglierli dall’alpeggio e di sopprimere la femmina. Così è stato. Quella notte i lupi sono arrivati e si sono serviti.
Fino a vent’anni fa a Termignon c’erano diciotto greggi di due, trecento animali e una più grande che ne contava più di settecento. Adesso ci sono solo più tre pastori di cui uno è mio fratello che da allora non ha più cambiato niente. Lui e i suoi patù guardano le pecore.
– è una storia dolorosa, da quando è successo non ne avevamo mai più parlato in famiglia.

Isotta era a fine ferratura, talmente al fondo che un ferro si era spezzato in due e io che non ne avevo più di ricambio, avevo dovuto riattaccargli quella triste metà purchè qualcosa riparasse un po' quel povero anteriore. Rimetti qui e rimetti là e il sacchetto dei chiodi per le emergenze si era svuotato negli zoccoli. L'ultimo ferro ne aveva due, erano la scorta della scorta, erano quei due vecchi chiodi arrugginiti che avevo piantato nel cappello per il 'non si sa mai'. L'alpeggio di Chaviere era il primo posto dove prendeva il telefono da quando era cominciato il requiem della ferratura. Mi sono fermata da loro con molte preoccupazioni e sono ripartita tranquilla con dei ferri di qualche altro cavallo e dei chiodi portati su da Lionel, uno dei loro migliori amici che ha un maneggio a Termignon.
Isotta era a fine ferratura, talmente al fondo che un ferro si era spezzato in due e io che non ne avevo più di ricambio, avevo dovuto riattaccargli quella triste metà purchè qualcosa riparasse un po’ quel povero anteriore. Rimetti qui e rimetti là e il sacchetto dei chiodi per le emergenze si era svuotato negli zoccoli. L’ultimo ferro ne aveva due, erano la scorta della scorta, erano quei due vecchi chiodi arrugginiti che avevo piantato nel cappello per il ‘non si sa mai’. L’alpeggio di Chaviere era il primo posto dove prendeva il telefono da quando era cominciato il requiem della ferratura. Mi sono fermata da loro con molte preoccupazioni e sono ripartita tranquilla con dei ferri di qualche altro cavallo e dei chiodi portati su da Lionel, uno dei loro migliori amici che ha un maneggio a Termignon.
Lionel
Lionel se ne va dopo avermi lasciato dei chiodi per sicurezza. Non ne ho avuto bisogno, così come sono partita da qui, sono arrivata a casa. Se non li avessi avuto, sarebbero serviti di sicuro.

Vanoise. Parco e allevatori.

2016 07 31 Thierry Arsac
Capo settore dei guardiaparco della Tarantaise. Parco Nazionale della Vanoise.
Refuge de Rosuel

Thierry Arsac
Colazione al rifugio Rosuel. È un rifugio del parco annesso a museo e centro visite con personale preparato e accogliente. Ci siamo incontrati qui, proprio in mezzo al parco. Aveva piovuto tutta la notte. Si poteva sellare più tardi del solito.

L’ultimo lupo è stato ucciso in Francia tra le due guerre e da allora non se n’è più sentito parlare fino al ’92, quando sono comparsi in Mercantour i primi esemplari provenienti dall’Italia.
In Maurienne sono arrivati nel ’98 e non sono più andati via. L’unico branco stabile del parco si muove lungo l’alto corso dell’Arc da poco meno di allora. La gente non lo ha saputo subito, finché c’è un solo lupo che si nutre di selvaggina, nessuno se ne accorge, a meno di non imbattersi in una carcassa ed è raro. I dati di presenza non sono stati nascosti, ma finché nessuno ha chiesto, non sono stati pubblicizzati.
Adesso si sono insediati, è chiaro che resteranno e che pian piano la gente si abituerà all’idea della loro presenza; ogni aggiornamento viene continuamente reso pubblico affinché tutti possano regolarsi.
In Francia è già stato autorizzato l’abbattimento di 30 lupi. Adesso la notizia suscita molto scalpore, nel giro di vent’anni diventerà normale che i cacciatori, oltre ad occuparsi di animali che vengono attualmente regolati da loro, avranno un certo numero di lupi da abbattere.
Le forme di allevamento nel parco sono molto variegate. La Tarantaise è vocata principalmente all’allevamento bovino. È comunque presente un numero considerevole di ovini perché c’è un allevatore che ne porta ogni anno 15000 che passano l’inverno nella Crau divisi in greggi da 1000 a 2000 capi sorvegliate da pastori. Nell’area coperta da questi animali, le predazioni sono rare, non ci sono presenze stabili del predatore. La Maurienne è invece interessata da greggi molto più piccole, nell’ordine delle poche centinaia di pecore, sorvegliate saltuariamente e alcuni greggi di pecore sorvegliate regolarmente in cui si aggiungono a pecore di qui, animali che arrivano dalla pianura, tenuti in alpeggio esclusivamente per la stagione estiva . Lì le predazioni danno molto fastidio. È proprio la zona in cui si è insediato il branco.
In Francia il lupo è una specie protetta dalla Convenzione di Berna. La multa per i bracconieri che vengono individuati è di 9500 euro.

Quel signore era appassionato di fotografia e quell’estate nel branco del Tabor erano nati sette cuccioli. Lui si trovava una cengia a sbalzo sull’Arc e li stava fotografando.
Bum! Un fucile.
Fsssssh! Una pallottola. Poco distante dalle sue orecchie.
Dalle guardie:
– Hai tirato?
– Sì.
– Lo hai preso?
– No.
Il maschio alfa della coppia del branco del Tabor è stato trovato morto per una fucilata. La persona che lo ha colpito non si sa chi sia.
Se non vengono colti sul fatto, non possono essere incriminati.

L’anno scorso a Bramans, il direttore del parco, il capo settore dei guardiaparco della Maurienne e i sindaci dei comuni interessati erano riuniti per discutere la Carta del Parco. Alla fine della riunione si sono trovati reclusi nella sala riunioni. Fuori c’era un gruppo di allevatori provenienti da tutta l’Haute Savoie arrivati fino lì per sostenere quelli del posto e richiedere al prefetto l’abbattimento di sei lupi in Haute Maurienne, praticamente tutti. Hanno portato da mangiare e da bere per sé e per il personale del parco che è rimasto tranquillamente al posto riservatogli senza sbilanciarsi su temi in cui non aveva nessun potere decisionale. Il prefetto ha mandato due gendarmi a tenere sotto controllo la situazione. Con pazienza si sono intrattenuti tra di loro aspettando di essere rilasciati, non sarebbe stato ragionevole discutere in condizioni simili. Erano le cinque di pomeriggio quando si sono trovati reclusi e sono passate quasi ventiquattr’ore prima che venissero rilasciati. Ci si aspetta ancora che venga fatta giustizia di questa bravata ma con molti dubbi. Gli allevatori che hanno partecipato a questo exploit dovevano incontrarsi a breve con il prefetto per prendere decisioni in merito alla questione e questi avvenimenti sono il risultato dell’idea di mettergli pressione. La fauna selvatica è bene comune ed è il ministero ad occuparsene. Il prefetto decide quello che deve decidere un prefetto.

Cose che succedono.
Accertamento di predazione del personale abilitato -i capi settore per i danni che avvengono nel parco e le guardie campestri per quelli che avvengono fuori dal parco-
– è stato il lupo, la gola è tagliata dagli incisivi inferiori mentre quelli superiori lasciano una ferita e un livido sulla nuca. Ad accertamento avvenuto, il prefetto conferma il rimborso. In Val d’Isere non ci sono branchi e i pochi incidenti sono dovuti a sconfinamenti di quello della valle dell’Arc. In Maurienne la faccenda è molto più delicata. Il branco insediato si trova a suo agio e non accenna a cambiare territorio. I pastori più colpiti sono di quest’area e tra loro ci sono quelli più interessati agli avvenimenti dell’anno scorso.
– non è stato il lupo, succede che in seguito a parti difficili finiti male o incidenti di altro genere, alcuni pastori siano capaci di sopprimere animali sofferenti di loro proprietà con una bastonata in testa e di chiamare le guardie per avviare le pratiche di risarcimento dovute in caso di attacchi di lupi. Per la pace sociale, può succedere che nonostante l’esito negativo della relazione, il prefetto assegni comunque il premio. La decisione è del ministero.
Sedicenti allevatori sono capaci di comprare appositamente animali anziani e malmessi per formare greggi disperate che vengono abbandonate in alpeggio e controllate quanto basta per chiamare gli accertamenti in caso di attacchi di lupi.
Se non ci sono protezioni, il rimborso è inferiore ma arriva comunque.

La paura del lupo è radicata in chi si trova davanti a lui o alle sue prede ed emerge in quel momento come una memoria portandosi dietro tutte le paure di generazioni lontane. È la paura del diverso, il lupo e l’orso sono l’uomo sconosciuto, la reazione diventa netta. I grandi predatori sono benvoluti da cittadini e turisti che con la vita in montagna non hanno niente a che fare e hanno una visione da sogno della natura. I pastori non possono vederla nello stesso modo, conoscono la valanga e il fulmine, le lunghe giornate di pioggia in cui mungere e tenere il bestiame al riparo diventano avventura e preoccupazione e la nebbia in cui si può nascondere il lupo.

In paesi più selvaggi dove le fiere sono pericolo ricorrente sia per il bestiame che per le persone, la gente accetta il rischio della natura che la circonda. Il giaguaro è pericoloso ma non lo eliminerebbero. Cercano di evitare il pericolo, accettano la natura.
I predatori ci sono. Bene, bisogna gestirli. Impedendo ai pastori di reagire si va a cadere in pericoli più subdoli come i bocconi avvelenati che fanno male a tutti.
Le protezioni sono un deterrente per un po’ ma il lupo si adatta. Se chiudi gli animali di notte, impara a prenderli di giorno. Con i cani è più difficile.

La relazione dell’uomo con la natura la modifica. Dighe, bonifiche di aree paludose, eliminazione dei predatori.
Il rischio esiste comunque, il lupo è uno dei rischi tra le cose che possono succedere. Se voglio vivere in un posto dove non ci sono valanghe, devo andare in pianura; dove non ci sono lupi, devo andare su un isola; dove non ci sono alluvioni, devo andare in costa. Ogni posto ha i suoi rischi, è inevitabile, si può cercare di ridurli.
Il problema non è il lupo, è la relazione dell’uomo con la natura. In Europa la natura selvaggia non esiste più, l’uomo è stato dappertutto e dove è stato ha modificato.

Il ritorno del lupo è un avvenimento bello ma complesso. La relazione tra uomini e lupi è difficile.
– En montagne: vivre ou disparaitre. Bisogna adattarsi.
Il ritorno del lupo comporta molte grane sia per i pastori che per le guardie ma è un elemento naturale di cui c’è bisogno in un ambiente che cerca di essere naturale.

Pit stop

FERRI 2

Granges Souffiet. Davanti la Vanoise. La sera arrivavano soffi di vento dal ghiacciaio, sapevano di neve e solitudini. È sempre difficile lasciare questi posti. Dovevo partire lo stesso. Alle dieci dovevo incontrare Gillles al colle del Moncenisio. La notte dopo ho dormito a Novalesa tra un muro e un capannone. Le stelle erano le stelle e splendevano.
Granges Souffiet. Davanti la Vanoise. La sera arrivavano soffi di vento dal ghiacciaio, sapevano di neve e solitudini. È sempre difficile lasciare questi posti. Dovevo partire lo stesso. Alle dieci dovevo incontrare Gillles al colle del Moncenisio.
La notte dopo ho dormito a Novalesa tra un muro e un capannone. Le stelle erano le stelle e splendevano.

questo è stato l’ultimo bivacco come si deve prima di fermarci.
Andrea non potrà ferrare Isotta prima di lunedì. Appena abbiamo passato il colle del Moncenisio, lei ha guardato il lago, ha assaggiato l’acqua di un rio, ha alzato la testa e ha messo una marcia che non poteva essere indirizzata che al suo prato. Siamo a casa, pioviggina, lei è fuori dalla casetta e sembra che voglia mangiare tutta l’erba che è cresciuta in questi due mesi. Sono stati giorni intensi, da Martigny in poi sono successe troppe cose. Ripartiamo lunedì con la coperta è il sottopancia lavati e i ferri nuovi. Ci sono tre interviste della Vanoise da pubblicare sul sito è una del lago del Moncenisio.
Queste montagne sono piene di gente, bella gente fiera, la realtà è talmente speciale che supera la fantasia senza dover neanche correre..